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Ma non hai la scure neanche tu? Su, istessamente: adopreremo scheggioni di rupi! Su! su, su, tutti alla riscossa, da Susa con messer Oberto capitano e con Adalberto! e l'uomo si alzò, barcollando. Oberto? Adalberto? Ancora sono vivi? Non li straziò oggi il saracino? imprecò terribilmente Ugo.

Ringrazi messer Ugo. A tutte l'ore! Dannato sia! imprecò Oberto. Come? Come? Quanto fu valente per noi! ! affermò Ildebrandino. Per la impresa? rise Oberto, invelenito: guardando lo zio con degnazione, quasi gli dicesse: Mi accontenterò io dei vostri giudizi? Oberto, l'hai veduto nelle fiamme? Troppo ho veduto! E per la impresa, tu dici? Ugo ha pugnato, come un forte, e l'amo!

Che angustian l'anima di quei che vivono! E sulle spiagge dei vasti océani Singhiozzo e vagolo, fremo ed impreco Al Fato bieco Che in quest'assidua vita, pulviscolo Gramo, mi esagita; che in questo circolo Triste m'avvinghia dell'esistenza; Vana parvenza, Il Vespro è l'íncubo della mia splendida Musa, che inebbriasi di ardenti cantici Allor che in candide nebbiose bende L'alba risplende;

Perchè mi fai piangere? Perchè farai piangere mia madre? Oh alcune volte impreco contro di Te, e ti odio e vorrei che l'anima tua soffrisse come la mia! E che? La vita, l'avvenire è dinnanzi a me.... , ma dove le risoluzioni? la forza d'animo? la perseveranza? la fede? Alcune volte mi dico: Dimenticarono tanti: dimenticherò anch'io: avrò una famiglia: avrò una carriera.

¹ Clizia mutata in girasole Io non impreco nessuno, e se una cenere si commuovesse entro la sua cella di morte, e mandasse un singulto.... oh! io non ho voluto aggravare la mano sul Grande che dorme. Stanno oltre il sepolcro nel giudizio di Dio il premio e la pena, la polvere ardisce usurpare l'attributo dell'Onnipotente. Quali occhi però seguiranno il Fatale fino alla tomba senza versare lagrime di sangue? Circondato di fastidii che avvelenano la esistenza e non danno il conforto delle grandi sventure, di gemere senza vergogna, trafitto di minutissime piaghe dalle quali a goccia a goccia distilla la vita, costretto a limosinare il pane presso coloro che pel battesimo di fuoco erano della sua religione....¹ che il cielo sia pio di riposo alla cenere del guerriero! dovea egli, lo immenso, che aveva riguardato l'universo da tale una altezza, che appena a mente umana è concesso immaginare, lasciarsi cadere basso? A lui stava morire per la spada dei valorosi, o per la perfidia della paura. Non si aspettava a questo?² E che? colui che indagava schernendo i vizii degli uomini, e li toglieva a fondamento della propria potenza, doveva affidarsi alla virtù? Nell'Isola, dove, nuovo Prometeo, lo incatenava un odio profondo, ogni giorno lo infiammato pianeta gl'insegnava come doveva morire l'uomo, che non aveva conosciuto pari sopra la terra, però che quivi il sole, non come nei nostri climi, sia accompagnato dal mesto crepuscolo, ma comparisca improvviso nella pienezza dei raggi sul firmamento, ed improvviso lo abbandoni allo impero dell'ombreChi sa quante volte lo austero contemplando l'esempio solenne piegò vinto la faccia, e mormorò parole di dolore su la perduta occasione! Oh! se, cadendo, in lui non fosse scomparso l'eroe! Oh! s'egli stesso non avesse svelato il segreto che il suo cuore era composto di creta come negli altri figliuoli di Adamo! Se la curva della sua vita non impallidisse al tramonto, e sfolgorante di luce si perdesse nel silenzio dei secoli, qual nato di donna potremmo noi assomigliargli? La Sapienza che governa il creato forse volle mostrare con la vicenda solenne gli estremi dove può suscitare e deprimere un'anima immortale? Se così è, mi spavento, perchè l'ultima azione di Colui, che poteva numerare con le vittorie i suoi anni, la gente maravigliata non distingue ancora se deve attribuirla a costanza, o a vilt

Allora disperato, vedendo che nulla poteva ottenere colle buone, bestemmiò, imprecò e giunse persino a scrivere una lettera piena di minaccie ad Eugenia. Ma questo atto gli costò caro, perchè un agente di polizia s'incaricò di portargli la risposta, e fu una risposta amara amara.

Allorquando, nel Giocatore di Ifland, egli gridava le parole: impreco a voi, pareti, che udiste i miei primi vagiti, ecc., pareva che quella maledizione, lanciata dal proscenio con tanto impeto di voce, dovesse echeggiare oltre le mura del teatro quale una minaccia di esterminio a tutti i despoti della terra.

Il calzolaio bestemmiò, imprecò, esaurì tutte le minaccie; la fanciulla pianse, si disperò, parlò di morire, ma mastro Cruciano rise scrollando le spalle: eran cose quelle che sarebbero passate col tempo; non voleva affogar la figliola lui con quello spiantato.

Domenica 10 aprile. È domenica. Io non prego Dio: ma lo maledico: io impreco, io bestemmio, perchè io odio. Tormenti indicibili d'amore e d'odio, di gelosia, di furore! E c'è il mondo che vede, che parla, che vuol ciarlare, che ciarler