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Aggiornato: 5 giugno 2025


DON IGNAZIO. Anzi per vostro merito. EUFRANONE. Non mi conosco di tanto preggio che sia degno di tanta cortesia. DON IGNAZIO. Siete degno di maggior cosa: io vi chieggio la vostra figliola con molta affezione. EUFRANONE. Stimate forsi, signore, ch'essendo io povero gentiluomo venda l'onore de mia figliuola? Veramente non merito tanta ingiuria da voi.

LECCARDO. Ci è qua uomo che ti fará gustare le medesime dolcezze. CHIARETTA. Sei tu forsi quello? LECCARDO. Cosí Dio m'aiuti! CHIARETTA. Tengo per fermo che non ti aiuteria, ché tu hai piú a caro un bicchier di vino che quante donne son al mondo. LECCARDO. Dici il vero, ma tu sei tanto graziosa che faresti innamorar i sassi.

altro forsi Pitagora, divinissimo matematico, volse intendere per lo trasmigrare d'uno in uno altro animale: il che ancor mi pare che abbia confermato il principe de tutti e' filosofi, Platone dico, il quale di gran lunga avanza e trapassa d'ingegno ogni altro filosofo che mai fusse o sará nel mondo, togliendo dal nuovero quelli solamente li quali alluminati furono da la vera fede, o saranno, per opera del Spirito Santo, il quale per tutte le cose averá scienza.

Ch. Si rasserena l'aria, a i dolci accenti Et raquietase, e venti per udirti Ma tristi hor soe miei spirti: perché, resti Forsi par ti molesti: mia venuta Come l'alt'ier che muta: era tua voce: E, dapoi via veloce: ti partisti Dove gli Spirti tristi: miei restaro Ma se 'l mio amor te, è caro: hor fa ch'io te oda Che par che l'alma goda: de tua gratia Di che mai non son satia.

Ti fará star sempre in villa; mangiarai polli, piccioni, porchette, ricotte e frutti di ogni sorte. ARMELLINA. Ditemi, è giovane? VIGNAROLO. È giovane. ARMELLINA. Ditemi chi è, presto. VIGNAROLO. Il vignarolo. ARMELLINA. Forsi quel vignarolo di Pandolfo? perché l'amo quanto la vita e ne sarei contentissima. VIGNAROLO. Quello è desso, quello son io.

E molti pochi sono arrivati a questa eccellenza, fra li quali, al mio giudizio, deve essere numerato e posto fra i primi, cosí antichi come moderni, Sisto papa quinto, il quale nel sapere conoscere gli espedienti de' suoi Stati e quel che li possea causare, e che remedi fossero necessari per li defetti, con essere pronta piú l'essecuzione che il discorso, con quanto altro bisognava per la perfetta disposizione del Stato politico, senza forsi deve essere preferito a quanti sono stati nel mondo.

PANDOLFO. Canchero! questi sono mali scherzi. E par che sia piú tosto pallido divenuto. CRICCA. Pensa il ladro che se or è trasformato in Guglielmo, che mai piú abbi a divenire vignarolo e farci star in forsi dell'argento ancora. PANDOLFO. Non ha tanta malizia, è un bestiale. CRICCA. Ed i bestiali sogliono essere maliziosi; ma sarei piú bestiale di lui se mi lasciassi burlare da un par suo.

Perché? RITA. Per bene. Madonna Fulvia mia patrona gli vorria parlare. CECA. Aspettate, che or ora li farò l'imbasciata. RITA. Tornate presto, di grazia. FULVIA. Accòstate in qua, Rita, acciò che non paia ch'io stia sola; ché tu sai ch'alle male lingue non mancaria che dire. RITA. Costei si sará forsi rotto el collo, ché bada tanto a darci la risposta. FULVIA. Qualche cosa deve aver a far, lei.

CRICCA. Non offendete la vostra buona fortuna con queste maledizioni, ma concorrete meco in allegrezza, ché col soffio della buona nuova sparirá da voi la cattiva fortuna. PANDOLFO. Lo farò se averò tanto potere. Dimmi, che allegrezza è questa? CRICCA. La maggior desiderata da voi. PANDOLFO. Orsú, raccontami tanta allegrezza: forsi si sono mutati di parere e me la vogliono restituire?

E forsi che questi che fanno el gentiluomo non se gli cacciano in casa? Ma non curare, che gli trattono bene! ché, non che li figliuoli e le figliuole, ma le mogli ancora li vituperano; e, ancor che non sia el vero, se ne vantono, ch'è il peggio.

Parola Del Giorno

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