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Aggiornato: 8 giugno 2025
Alla porta della camera, trovarono il confessore, il quale, al loro accostarsi, alzò il capo, ed Emilia riconobbe lo stesso che aveva assistito suo padre; ma egli era astratto, e passò senza osservarla. Entrate nella cella, trovarono suor Agnese distesa sopra una stuoia; presso di lei eravi un'altra monaca.
Lavati e vestiti degli abiti sacri, si collocarono davanti l’altare dove eravi un toro giovine, due montoni, pani azzimi, ed una paniera contenente due specie di schiacciate. Eglino imposero le mani sul capo del toro, che venne immolato pei loro peccati. Poscia Mosè segnò di sangue i quattro angoli dell’altare, ne sparse il resto sulla predella, e dispose sull’altare le partì pel sacrifizio.
Dopo questo discorso, lo spirito di Sant'Aubert parve molto più tranquillo; ma, spossato dallo sforzo fatto, cadde nel sopore. Emilia continuò ad assisterlo ed a piangere vicino a lui, fino a che un lieve colpo battuto alla porta della camera la costrinse a rialzarsi. Voisin venivale a dire che dabbasso eravi un confessore del convento vicino, pronto ad assistere suo padre; ma essa non volle che lo si svegliasse, e fece pregare il sacerdote a non andarsene. Quando Sant'Aubert uscì dal suo sopore, tutti i suoi sensi erano confusi; e ci volle qualche tempo prima ch'ei riconoscesse Emilia. Allora mosse le labbra, le stese la mano, ed essa fu dolorosamente colpita dall'impressione di morte che osservava in tutti i suoi lineamenti. Dopo pochi minuti ricuperò la voce, ed Emilia gli domandò se desiderava vedere un confessore. Le rispose di sì, ed appena fu introdotto il reverendo padre, ella si ritirò. Restarono insieme circa mezz'ora: quindi fu richiamata Emilia, che trovò il padre più agitato, ed essa allora guardò il confessore con alquanto risentimento, come s'egli ne fosse stato la cagione. Il buon religioso la rimirò con dolcezza, e Sant'Aubert, con voce tremebonda, la pregò di unire le sue preghiere a quelle degli altri, e dimandò se il suo ospite non volesse associarvisi. Il buon vecchio ed Agnese arrivarono amendue piangendo, e s'inginocchiarono vicino al letto. Il reverendo padre, con voce maestosa, recitò lentamente le preci degli agonizzanti. Sant'Aubert, con volto sereno, si univa con fervore alla loro devozione; qualche lacrima sfuggivagli talvolta dalle socchiuse pupille, ed i singulti di Emilia interruppero spesso l'uffizio. Quando fu finito, e che venne amministrata l'estrema unzione, il religioso se n'andò. Sant'Aubert fe' segno a Voisin d'avvicinarsegli, gli porse la mano, e stette alcun tempo in silenzio. Alfine gli disse con voce fioca: «Mio buon amico, la nostra conoscenza fu breve, ma essa bastò per dimostrarmi il vostro buon cuore; io non dubito che voi non trasportiate tutta questa benevolenza su mia figlia: quando non sarò più, essa ne avr
E di qual delitto lo sospettano?» disse una certa Feydeau, educanda. Preghiamo per l'anima sua,» rispose una monaca, la quale fin allora non avea aperto bocca. «Se fu reo, il suo castigo quaggiù bastò ad espiarne la colpa.» Eravi nell'accento di tai detti un misto di serio e di singolarit
S'eravate in piè voi, forse minore licenza avriano avute le lor spade. Eravi assai, che la Bastia in manche ore v'aveste ritornata in potestade, che tolta in giorni a voi non era stata da gente cordovese e di Granata.
Vi erano varj volumi riccamente legati; vi si trovava Virgilio nel suo testo latino, lingua ancora in voga in Italia, e che la duchessa conosceva perfettamente; eravi Plutarco, le lettere di Plinio, un libro dei Vangeli ricco d'immagini e molti altri.... Ciò non poteva sorprendere il duca.
Ora mi piglia vaghezza di comunicarvi uno stranissimo sogno di Alfredo, fatto mentre non era che un semplice disperato pittore, ed intendiamoci bene, quel sogno riguardava sempre la ritrosa Dea Violetta dal sorriso incantevole..... Trattavasi, in detto sogno, di una soirée in casa Giacinto. Dal domicilio di Alfredo alla borgata di Violetta, eravi la distanza di circa sei chilometri.
Pareva il vicerè ignaro affatto delle vere relazioni che tra la Francia e l'Italia passavano. Non avvisava la spedizione di Russia come una guerra sanguinosissima, da cui l'Italia non s'aspettava alcun pro, e cui essa accorreva con tutte le sue forze, unicamente per la migliore satisfazione della Francia; parea quasi ch'egli la tenesse per una festa, o in certo qual modo, uno spettacolo, nel quale i Francesi teneansi certi di fare comparsa immensamente avvantaggiata, mentre gl'Italiani, gente disadatta e balorda, eranvi ammessi alla coda de' Francesi, solo perchè non se l'avessero troppo a male, e per effetto della graziosa condescenderza de' Francesi medesimi. Buon pro per l'onore italiano che i fatti parlano alto abbastanza di per sè, e rendono onoratissima testimonianza della bravura e della gagliardia delle soldatesche italiche. Nè il vicerè stesso ricusava loro le lodi; ma in quel tuono con cui pronunziavale, eravi alcunchè di offensivo. Il tale corpo non mancò di coraggio, il tale altro si è diportato valorosamente, oppure si è mostrato degno di marciare a fianco dei Francesi, il tale ufficiale ha dato saggio di buon senno e di sangue freddo. Sono questi, in vero, elogi; ma chi non iscorge a prima vista che le parole, verbigrazia, di sangue freddo e di buon senno sono le più rimesse onde si possa far uso per designare il merito militare? Chi non s'avvisa che se un Francese, e non un Italiano, fossesi dovuto rimeritar di lode, sarebbero stati, invece di quei vocaboli, usati quelli d'intrepidit
Montoni non parlava più d'andare ad Udolfo, e non era in casa se non quando vi si trovavano il conte ed Orsino. Si notò qualche freddezza tra lui e Cavignì, sebbene quest'ultimo abitasse sempre nel palazzo. Emilia s'avvide che lo zio si rinchiudea spesso nelle sue stanze con Orsino per ore intiere, e qualunque fosse il tema de' loro colloqui, convien dire che fosse interessantissimo, perchè Montoni trascurava fin la sua passione favorita pel giuoco, e passava la notte in casa. Eravi qualcosa di misterioso nelle visite d'Orsino; Emilia n'era più inquieta che sorpresa, avendo involontariamente scoperto ciò ch'egli si sforzava di nascondere. Montoni, dopo le visite dell'amico, era talfiata più pensieroso del solito; tal altra, le sue profonde meditazioni l'allontanavano da quanto lo circondava, e spandevano sulla di lui fisonomia un'alterazione tale da renderla terribile. Altre volte i di lui occhi sfavillavano, e tutta l'energia dell'animo suo parea prendere maggior vigore nell'idea d'una sorpresa formidabile. Emilia cercava di seguire con interesse i di lui mutamenti, ma si guardò bene dal far conoscere l'esito delle sue osservazioni alla zia, la quale non vedeva ne' modi strani del marito se non la conseguenza d'una ordinaria severit
ST. Ho giurato. DIC. Eri tu portata al giuoco col corpo, o con l'animo? ST. E col corpo insieme, e con l'animo. DIC. Come sai tu di essere stata levata per aria con esso il corpo? ST. Perchè io toccava con queste mani stesse quel demonio, che si chiamava Lodovico. DIC. Che toccavi tu? ST. Il suo corpo. DIC. Era come quello di ciascuno di noi? ST. Più morbido. DIC. Eravi egli altri col corpo?
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