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Ed è che i Cristiani, non paghi di porsi in contraddizione con gli Ebrei da cui si dicono usciti, contraddicono stessi, poichè, nei Vangeli, egli dice, vi sono affermazioni inconciliabili fra loro, e la dottrina del logos incarnato nel Cristo, rappresentante una persona divina, che è un’invenzione di Giovanni, invano la cercate in Matteo, in Marco, od in Luca.

Questa moneta ha nell'intero un diametro di m. 0,040, e reca nel suo diritto un busto di donna coperta d'ermellino le spalle, del berretto de' dogi il capo, e rivolta di profilo alla destra del riguardante; all'intorno le gira la epigrafe RESPUBLICA VENETA. Nel rovescio, entro uno scudo, ricco di cartocci nel suo ornamento esteriore, sorge il leone alato e nimbato, rampante verso la sinistra e che tiene nelle zampe anteriori aperto il libro de' Vangeli; gli gira intorno la leggenda FRANC : LAUREDANO DUCE 1756 (in altri esemplari 1761). Il contorno del pezzo è formato di linee parallele inclinate. Due tipi diversi conosco del diritto di questa moneta, oltre la variet

Il vangelo bastava a tutti e a tutto. Le condizioni presenti della religione, nella quale doveva agire come prete, gli erano sconosciute. I curati, i canonici, i vescovi che aveva conosciuto ne sapevano quanto lui. Le loro interpretazioni dei vangeli, ormai vecchie quanto i vangeli stessi, avevano perduto nella monotonia di una troppo lunga ripetizione ogni significato. Il sacerdote le sviluppava straccamente dall'altare al popolo ascoltante nella invincibile indifferenza di chi non può aspettarsi più nulla da una spiegazione. Nessuna virtù, nessun ideale luceva più. La Chiesa che aveva tanto canonizzato nel passato, aveva perduto il profumo e il senso della santit

L'idea cristiana era più forte del papato. Adesso toccava al potere temporale. Uno dei due termini del dilemma presso a risolversi doveva rompersi: i vangeli sarebbero stati più forti delle costituzioni ecclesiastiche. Roma lo sentì, e non osò affrontare Don Giovanni e non potè circuirlo. L'ignoranza del prete montanaro giovò più dell'eloquenza del Lammenais e della filosofia del Gioberti.

come fecero e' sancti doctori, nella scienzia dichiarando la doctrina della mia Veritá, la predicazione degli appostoli, le sposizioni sopra e' vangeli de' vangelisti; e' martiri, dichiarando nel sangue loro el lume della sanctissima fede, el fructo e il tesoro del sangue de l'Agnello; le vergini, ne l'affecto della caritá e puritá; negli obedienti è dichiarata l'obedienzia del Verbo, cioè mostrando la perfeczione de l'obedienzia, la quale riluce nella mia Veritá, che, per l'obedienzia ch'Io gl'imposi, corse a l'obrobriosa morte della croce.

Vi erano varj volumi riccamente legati; vi si trovava Virgilio nel suo testo latino, lingua ancora in voga in Italia, e che la duchessa conosceva perfettamente; eravi Plutarco, le lettere di Plinio, un libro dei Vangeli ricco d'immagini e molti altri.... Ciò non poteva sorprendere il duca.

Ma, continua Giuliano insistendo sulla differenza esistente fra Cristiani ed Ebrei, i Cristiani riconoscono di esser diversi degli Ebrei contemporanei, ma affermano di essere rigorosamente Ebrei secondo i precetti posti dai profeti e secondo quelli di Mosè. E Giuliano entra in una discussione che dimostra la conoscenza esatta e minuta ch’egli aveva della letteratura ebraica. Egli afferma, con la testimonianza dei testi, che Mosè non poteva predire la venuta del dio Gesù, dal momento che assolutamente non ammetteva che un solo ed indivisibile Dio. Egli ha parlato di profeti, di angeli, di re, giammai di un dio che discendesse in terra. Giuliano coglie in contraddizione i Cristiani perchè, onde andar d’accordo con Mosè, fanno discendere Gesù da Davide e, insieme, lo fanno concepito dallo Spirito Santo. Perciò essi hanno inventata la genealogia davidica di Giuseppe, ma non seppero far concordare i due Vangeli che la presentano. Che se poi i Cristiani pretendessero di credere anch’essi in un solo Dio, cadrebbero nella più aperta contraddizione col testo del Vangelo di Giovanni, che da nessun’arte d’interpretazione potr

Fu tutt'all'incontro nella nuova coltura generata, vivificata, spinta innanzi dalla religione, dall'operositá cristiana. Qui si, abbondavano i soggetti reali, belli, grandi, incalzanti. Ma, religiosamente letterariamente parlando, non oserem nominare come parti o frutti di tal coltura i Vangeli, gli Atti o le lettere degli apostoli.