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Aggiornato: 13 giugno 2025


Nelle grandi feste con solenni ricevimenti, Vicerè, Pretori e signori di alta levatura avrebbero creduto di venir meno alle regole elementari di cortesia non ordinando sale con tavole per giuoco: e «fare il tavolino» era, ed è tuttavia, la espressione propria di questa maniera di passare il tempo e di mettere in moto la borsa.

Or le calze riforma, ora il cappello, ora le brache, e guadagna gran lode; e tagli or lunghi or corti al giubberello, i capelli or in borsa or con le code, le fibbie or di metallo ed or di brilli, ovate, tonde e quadre, e mille grilli. E perché gli piacevano le dame, ei fu inventor de' cavalier serventi. A vincer cori aveva mille trame, perch'era un damerin de' diligenti.

Serrò, sprangò la porta; poi cavata una borsa fe' scorrer sulla tavola parecchie monete d'oro: erano il ricavato d'un'asta giudiziale, ch'egli aveva fatto tenere in quella stessa mattina per ricattarsi d'un suo credito.

Il vecchio doveva essere senza cuore per cimentarla ad un simile passo; certamente lo aizzavano le cognate: i tempi, , erano cattivi, ma però tutti dicevano a Lizzola ch'egli nascondeva la borsa di sotto al pagliericcio e, d'altronde, con una figlia che vuol prendere marito bisogna sacrificar qualche cosa.

CRICCA. numero aureo argenteo lo posso mai trovare nella mia borsa. PANDOLFO. Giovane, se la mia non è scortisia di dimandare, narratemi alcuno de' suoi miracoli. GRAMIGNA. Dirò cose mirabili di stupore. CRICCA. Purché le vediamo. GRAMIGNA. Lega le donne con uno incanto... CRICCA. Ed io le so legare con un suono senza canto. GRAMIGNA. ... che vi seguono dove volete:...

Poi correva ad enumerare i miei bisogni allo zio, ed il buon vecchio mi apriva la borsa. Io mi limitava al necessario ed egli, dopo pagate le spese, si lodava della mia discrezione e modestia. Così, io passava la vita tranquilla alla superficie, burrascosa nel fondo.

Dalla sua fodera si sprigionava un buon odore di cuoio fino e d’Acqua di Lavanda. Ritornato nella camera di Madlen posai quella borsa nella poltrona di M.me de Lonard, ove la gloriosa cantante aveva lasciata cadere una sua piccola forcella.

Chi sa in che impicci mi vado a trovare adesso! , che ora c'è da spaccarsi la testa contro il muro. Affari non ne hai.... E che ne sai, te? Oh, bella! m'hai detto, o no, che in borsa non fai più nulla da un mese in qua? Tua moglie è lontana... Ma che lontana! in Arenzano: non c'è che un'oretta di ferrovia. Insomma: a casa tua sei solo... Niente affatto, perchè c'è il servitore.

E questa è la ragione, che impone necessitá quasi precisa a tutti i principi di valutar le loro monete giusta l'intrinseca valuta e bontá loro, senza vantaggio della propria borsa in altro che in quel poco di signoraggio, che, oltre la spesa di zecca, scarsamente si pigliano; nel che fra loro passa per consuetudine certa convenienza, o ne tolerano i popoli il poco danno, che dal trasporto di quelle monete ne' Stati alieni ne vien loro.

ARPIONE. Orsú, me vi raccomando. A rivederci, ringrazio la vostra liberalitá. VIGNAROLO. Ed io vi bacio le mani. Oimè oimè, la mia borsa! oimè, i miei danari, o messer Arpione! ARPIONE. Eccomi, che volete? VIGNAROLO. Mostrami la mano. ARPIONE. Eccola. VIGNAROLO. Dove è l'altra? ARPIONE. Eccola. VIGNAROLO. Dove è l'altra? ARPIONE. Che volete che abbia cento mani? VIGNAROLO. Quale è la destra?

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