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Nel cielo di ottobre, quasi a fior delle acque, la luna piena pendeva come una dolce lampada rosea. Le montagne e le colline, dietro, avevano forma di donne adagiate. In alto, passavano le oche selvatiche, senza gridare, e si dileguavano. I sei uomini e il mozzo prima manovrarono d’accordo per prendere il vento.

L'aria v'è fina, quasi cruda. Essa agita di continuo le rose selvatiche e le piante di ginestra, che crescono fra le rocce. Tutto ricorda tempi antichissimi, primitivi di fiera e selvaggia natura, e l'animo ne rimane profondamente turbato.

Lo studio quotidiano finiva come doveva finire, con una brava dormita a gomitello. Dopo due ore di quella applicazione, il ragazzo sgattaiolava nella vigna, per far ora di pranzo. Usava per altro la precauzione di portarsi un libro sotto il braccio, per non lasciar credere che andasse a caccia di grilli, o, come più veramente era, in busca di fragole selvatiche.

Il campo che viene preparato è ordinariamente di cinque miglia di circonferenza: alla festa accorrono da otto a dieci mila indiani. Davanti alla tenda, dove i danzatori devono aspettare gli ordini per eseguire il loro programma, giace un cranio di bufalo contornato da erbe selvatiche e da altri emblemi strani e misteriosi.

Ne ho trovata menzione in alcuni documenti medioevali sotto il nome di Turris de Piscoli. Il Sacco scorre qui aprendosi rumorosamente la strada fra le rocce calcaree su cui sorgono le rovine del castello interamente coperte di piante selvatiche. Esso dominava un tempo l'ampia via Latina che parte da Valmontone che si trova a non più di una mezz'ora di strada.

Suvvia! Finiscila, di dibatterti come le anitre selvatiche che gli arabi catturano a centinaia sul lago Mareotide! Reclamavi il potere temporale?... Io ti do ben di più!... Ti do il cielo!... Ti do un potere assoluto sui vasti dominî degli uccelli, delle nuvole e delle stelle! Ecco il cielo e l'infinito!... Prendi!

«Un giorno, precisamente il 24 aprile, andai verso il tramonto al cimitero protestante di Porta S. Paolo, che non conoscevo ancora. Lo camelie e le azalee erano in fiore e le vecchie mura con l'erbe selvatiche, con le rose gialle, con i gruppi di cipressi erano così belle all'ultimo sole! Presso alla pietra di Percy Bysshe Shelley trovai nell'erba un libretto col titolo: Luisa.

Vecchio Adamo, tu eri, col tuo serpente, un personaggio biblicamente necessario nel primordiale giardino zoologico denominato il Paradiso Terrestre. Quell’impudica signorina Eva, che ogni sera, quando, stanco della caccia, ti stendevi sotto alberi fragranti e l’Eden calmo si addormentava sotto il fuoco delle sue stelle primaverili, quella gentile «midinette» preistorica, dai seni rotondi come grappoli d’alveari e dai fianchi snodati come anche di leopardesse, che veniva presso te, odorosa di giaciture selvatiche, risciacquata la sua pelle fulva nei rivoli delle primitive sorgenti, e così tentava persuaderti a ricercare la costola perduta, quella pettegola signorina Eva, che non stava mai zitta da mattino a sera, e si cambiava pettinatura, e portava collane di lapilli splendenti,

V’entravan d’inverno le bestie selvatiche; d’estate, qualche volta, i pastori. E Bernadette guardava i nudi spini, fioriti per il gelo dell’inverno, simili ad un cespuglio di trina.

Io avrei dovuto vegetare e morire come una di quelle gracili pianticine selvatiche che non si sa perchè nascano, che non fanno fiori, che non danno frutto, che il sole inaridisce o il vento strappa alle rocce dove han trovato quasi un rifugio.... T'inganni, Dario! Mi prese per una mano, attirandomi. Ebbi la durezza di svincolarmi.