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Novo augelletto due o tre aspetta; ma dinanzi da li occhi d’i pennuti rete si spiega indarno o si saetta». Quali fanciulli, vergognando, muti con li occhi a terra stannosi, ascoltando e riconoscendo e ripentuti, tal mi stav’ io; ed ella disse: «Quando per udir se’ dolente, alza la barba, e prenderai più doglia riguardando».

L’una vegghiava a studio de la culla, e, consolando, usava l’idïoma che prima i padri e le madri trastulla; l’altra, traendo a la rocca la chioma, favoleggiava con la sua famiglia d’i Troiani, di Fiesole e di Roma. Saria tenuta allor tal maraviglia una Cianghella, un Lapo Salterello, qual or saria Cincinnato e Corniglia.

Di quella vita mi volse costui che mi va innanzi, l’altr’ ier, quando tonda vi si mostrò la suora di colui», e ’l sol mostrai; «costui per la profonda notte menato m’ha d’i veri morti con questa vera carne che ’l seconda. Indi m’han tratto li suoi conforti, salendo e rigirando la montagna che drizza voi che ’l mondo fece torti.

Poscia che ’ncontro a la vita presente d’i miseri mortali aperse ’l vero quella che ’mparadisa la mia mente, come in lo specchio fiamma di doppiero vede colui che se n’alluma retro, prima che l’abbia in vista o in pensiero, e rivolge per veder se ’l vetro li dice il vero, e vede ch’el s’accorda con esso come nota con suo metro;

D’i Serafin colui che più s’india, Moïsè, Samuel, e quel Giovanni che prender vuoli, io dico, non Maria, non hanno in altro cielo i loro scanni che questi spirti che mo t’appariro, hanno a l’esser lor più o meno anni; ma tutti fanno bello il primo giro, e differentemente han dolce vita per sentir più e men l’etterno spiro.

Di nova pena mi conven far versi e dar matera al ventesimo canto de la prima canzon, ch’è d’i sommersi. Io era gi

«La parte in me che vede e pate il sole ne l’aguglie mortali», incominciommi, «or fisamente riguardar si vole, perché d’i fuochi ond’ io figura fommi, quelli onde l’occhio in testa mi scintilla, e’ di tutti lor gradi son li sommi.

Quando rispuosi, cominciai: «Oh lasso, quanti dolci pensier, quanto disio menò costoro al doloroso passo!». Poi mi rivolsi a loro e parla’ io, e cominciai: «Francesca, i tuoi martìri a lagrimar mi fanno tristo e pio. Ma dimmi: al tempo d’i dolci sospiri, a che e come concedette amore che conosceste i dubbiosi disiri?».

Tanto mi parver sùbiti e accorti e l’uno e l’altro coro a dicer «Amme!», che ben mostrar disio d’i corpi morti: forse non pur per lor, ma per le mamme, per li padri e per li altri che fuor cari anzi che fosser sempiterne fiamme. Ed ecco intorno, di chiarezza pari, nascere un lustro sopra quel che v’era, per guisa d’orizzonte che rischiari.

L’altra dubitazion che ti commove ha men velen, però che sua malizia non ti poria menar da me altrove. Parere ingiusta la nostra giustizia ne li occhi d’i mortali, è argomento di fede e non d’eretica nequizia. Ma perché puote vostro accorgimento ben penetrare a questa veritate, come disiri, ti farò contento.