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Tal parla Iddio, mentre a la pia fanciulla, Fra il disinganno incerta e la paura L'anima balza, e si scompiglia il senno. Tutta a un punto scomposta il volto e 'l crine Rompe in subite risa; il lembo estremo De le candide vesti in su la bella Testa rivolge, e così a mezzo ignuda, Una strana canzon canterellando, Per la reggia del ciel sgambetta, e ride. Molte fiate tornò limpido e lieto Su la terra il mattin; molti su' fiori Versò brine dal grembo e rai dal crine La bellissima Aurora; e chiuso intanto Entro al mondo de' suoi splendidi sogni L'alto oceán Lucifero trapassa. Poi ch'a la rea citt

Di nova pena mi conven far versi e dar matera al ventesimo canto de la prima canzon ch'e` d'i sommersi. Io era gia` disposto tutto quanto a riguardar ne lo scoperto fondo, che si bagnava d'angoscioso pianto; e vidi gente per lo vallon tondo venir, tacendo e lagrimando, al passo che fanno le letane in questo mondo.

Chi è questo poeta sconosciuto ch'esce alla stampa, e il vezzeggiar sublime di noi famosi, a gran prezzo venduto, morde franco e deride ed opprime? che stile è il suo da popolo minuto? Hassi a far conto alcun delle sue rime, poste in confronto a' nostri gravi temi, alle canzon pindariche, a' poemi?

Una vecchia magrissima e grinzosa S'era posta a seder sovra le bare, Ed io l'udìa cantare Una canzon con voce cavernosa. La solinga megera, gravemente, S'accompagnava nelle note basse Battendo sulle casse Coll'ossa delle gambe macilente. Elia diceva: "Io son la portinaja, "E sono vecchia, e di pessimo umore.... "Ma quando ero sul fiore "Degli anni, allora, ero leggiadra e gaja!

Comincia il XX Capitolo Di nuova pena mi convien far versi E dar materia al ventesimo canto Della prima canzon, ch'è d'i sommersi

Commentando il ventesimo Canto della prima canzon dei «sommersi» Jacopo espone che gl'indovini hanno ritroso il viso per la loro ritrosa operazione.

Pur se giunge una nota al mio cervello, Se vien qualche cencioso menestrello A strimpellare una canzon gioconda Al mio attonito orecchio, Una febbre m'inonda Di mille desiderii sconfinati; E penso ai vecchi errori, al mondo vecchio Che croller

Tu scorri e vai, tu fiume, alto sonando, Tra i rochi sassi nel silenzio vai: Precipitar amando È legge antica che non cangia mai. Fatta più saggia l'anima si stende In più docile corso. Ama la riva Dei campi ove più densa erra e discende L'ombra dei salci e la canzon giuliva: E lieta dona quel che lieta prende.

Inorridito per le larve pallide, Mentre fugge accecato dalle spade, Ode dal fiume la canzon d'Ofelia E il sovvenir lo invade. E l'immensa caverna ognora stendesi Da ogni lato nel mondo interïore, O tenebrosa nel delitto o rosea Nel mistero d'amore. E l'uomo vi si perde senza guida, Oppresso, ammaliato, smorto, anelo... Ma pur fra il tenebrore e fra le strida Scorge un lembo di cielo.

Domani all'aurora ben migliore contrada n'aspetta: e nella rada, dai Sogni desiata, ove trionfa Aprile nella gloria dei fiori, e in cui la fera umile si piega ai dolci amori, inalzeremo i cuori. Oh più larga e più grata la canzon pel vermiglio vespero si diffonde dove nullo è il periglio e le Dame gioconde! Or su, per le quiet'onde alla patria sognata!