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E però ti dixi che l'affecto moveva lo 'ntellecto, quasi dicendo: Io voglio amare, però che 'l cibo di che io mi notrico si è l'amore. Alora lo 'ntellecto, sentendosi svegliare da l'affecto, si leva, quasi dica: Se tu vuoli amare, io ti darò bene quello che tu possa amare. E subbito si leva, speculando la dignitá de l'anima, e la indegnitá nella quale è venuta per la colpa sua.

Egli la sposò per voi questa sposa della vera povertá, conciosiacosaché egli fusse somma ricchezza per l'unione della natura divina, unde egli è una cosa con meco e Io con lui, che so' etterna ricchezza. E se tu il vuoli vedere umiliato in grande povertade, raguarda Dio essere facto uomo, vestito della viltá e umanitá vostra.

E tu che se’ dinanzi e mi pregasti, s’altro vuoli udir; ch’i’ venni presta ad ogne tua question tanto che basti». «L’acqua», diss’ io, «e ’l suon de la foresta impugnan dentro a me novella fede di cosa ch’io udi’ contraria a questa». Ond’ ella: «Io dicerò come procede per sua cagion ciò ch’ammirar ti face, e purgherò la nebbia che ti fiede.

D’i Serafin colui che più s’india, Moïsè, Samuel, e quel Giovanni che prender vuoli, io dico, non Maria, non hanno in altro cielo i loro scanni che questi spirti che mo t’appariro, hanno a l’esser lor più o meno anni; ma tutti fanno bello il primo giro, e differentemente han dolce vita per sentir più e men l’etterno spiro.

D'i Serafin colui che piu` s'india, Moise`, Samuel, e quel Giovanni che prender vuoli, io dico, non Maria, non hanno in altro cielo i loro scanni che questi spirti che mo t'appariro, ne' hanno a l'esser lor piu` o meno anni; ma tutti fanno bello il primo giro, e differentemente han dolce vita per sentir piu` e men l'etterno spiro.

E tu che se' dinanzi e mi pregasti, di` s'altro vuoli udir; ch'i' venni presta ad ogne tua question tanto che basti>>. <<L'acqua>>, diss'io, <<e 'l suon de la foresta impugnan dentro a me novella fede di cosa ch'io udi' contraria a questa>>. Ond'ella: <<Io dicero` come procede per sua cagion cio` ch'ammirar ti face, e purghero` la nebbia che ti fiede.

quant’ è dal punto che ’l cenìt inlibra infin che l’uno e l’altro da quel cinto, cambiando l’emisperio, si dilibra, tanto, col volto di riso dipinto, si tacque Bëatrice, riguardando fiso nel punto che m’avëa vinto. Poi cominciò: «Io dico, e non dimando, quel che tu vuoli udir, perch’ io l’ho visto l

Tucto questo t'è dato da me per provedere a la salute tua, perché tu cognosca te non essere e abbi materia d'umiliarti e non d'insuperbire. Dunque, come puoi levare il capo contra la mia bontá? Non puoi, se tu vuoli seguitare la ragione, puoi sperare in te confidarti del tuo sapere. Ma, perché se' facto animale senza ragione, non vedi che ogni cosa si muta, excepto la grazia mia.

E io, che mai per mio veder non arsi piu` ch'i' fo per lo suo, tutti miei prieghi ti porgo, e priego che non sieno scarsi, perche' tu ogne nube li disleghi di sua mortalita` co' prieghi tuoi, si` che 'l sommo piacer li si dispieghi. Ancor ti priego, regina, che puoi cio` che tu vuoli, che conservi sani, dopo tanto veder, li affetti suoi.

Lo buon maestro a me tutto s’accolse, dicendo: « a lor ciò che tu vuoli»; e io incominciai, poscia ch’ei volse: «Se la vostra memoria non s’imboli nel primo mondo da l’umane menti, ma s’ella viva sotto molti soli, ditemi chi voi siete e di che genti; la vostra sconcia e fastidiosa pena di palesarvi a me non vi spaventi».