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Ma dietro ai suoi passi, trascorsa appena, Un suono scoppia di grida e di pianto; Fra dense nubi l'incendio balena, Stride, si spande da questo a quel canto; Essa a la danza gli stinchi dimena, Cionca co'l lurido suo drudo intanto, Con pazzo volto, con gioia feroce, Salta, e lingueggia con stridula voce.

Tal divien la fanciulla; e il ciel sereno Erra co'l guardo, e incerta pende, e geme; Ed agli urti del cor le ondeggia il seno, E il cor le fugge a la risposta insieme: Stranier, caro stranier, per questa almeno Secreta ambascia, che m'affanna e preme, Deh! per questa ti prego alma soletta, L'onore, il pianto, i sogni miei rispetta.

Sorge orgogliosa, e il ciel torbida e grande Prende co'l capo, e al negro aere torreggia, E le rotte al suo piè bronzee ghirlande Conculca, e dai profondi occhi fiammeggia. Ch'io vi cancelli, esclama, orme esecrande De la vergogna mia; ch'io più non veggia Vôlti in trofei, cangiati in monumenti Questi bronzi rapiti a le mie genti!

Non da l'Inachia stirpe, o d'alcun mai Ceppo mortal, così l'Eroe riprese, Ma da natura, immortal germe, io nacqui Una a le cose, e da la luce ho il nome. Dir giusti sensi, o tacer dee chi dritto Co'l pensier mira; e, chiaramente espresso, Torna più grato, e pregio doppio ha il vero. Però di studïose ombre e d'enimmi Non cingerò il mio dir, chè maestro Di misteri son io, a disdegnosa Anima, che a sdegnosa alma favelli, Dubbio o coverto il ragionar si addice. Nuovi non gi

Balla con noi, buon re: noi non siam prenci, Non vestiamo, gli è ver, porpora ed ostro, Ma fatto è il manto tuo coi nostri cenci, E tinto te l'abbiam co'l sangue nostro. Balla con noi, buon re: vigile ognora Tu pensavi al tuo popolo diletto: E il popol tuo vegliava e veglia ancora Per comporti a sue spese un cataletto.

Ma dal sen degli affanni e de le tombe Giovin sorge il Pensiero, e s'alza tanto Quanto più giù la vil creta procombe; E l'uom col serto del martirio e il santo Peso del suo dolor, nauta immortale, L'onde si accinge a navigar del pianto; E, rompendo co'l petto il mar fatale, Pur morendo, procede, e su l'impure Salme a nuovi ardimenti agita l'ale.

Tu, colonna fatal, ch'ergi l'altera Testa agli astri e co'l piè Francia calpesti, E di rampogna tacita e severa Le loquaci dei vivi alme funesti, Crolla tu pur, bronzea colonna, e fiera Su le rovine tue Francia si desti, Si desti alfin; scoperchi i freddi avelli, Schiaffeggi i padri, e il nome lor cancelli!

Di': quest'altera, Cui voti il braccio e il vasto animo e i figli, Colei non è, che a la sorgente e fiera Lupa de la Tarpèa ruppe li artigli? Colei che fulminò la tua bandiera, E fe' i campi del tuo sangue vermigli? Colei non è, che la tua patria inulta Co'l piè calpesta, e a la tua spada insulta?

Oh! no, vieni, amor mio, vieni, ei rispose, Co'l Sol nascente e i rugiadosi fiori, E alle fole, che il mito aureo compose, I nostri involïam superbi cori: Il trono de l'amor son queste rose; Tutti son ne la vita i suoi splendori; È qui sovra la terra il ciel che agogni, Qui ne le braccia mie tutti i tuoi sogni!

L'Eroe s'imbarca per la Francia. Rivolge superbe parole alla Natura. Aurora boreale. Sermone di frate Iginaldo. Tempesta e naufragio. Isolina si raccomanda all'Eroe, che cerca invano salvarla. Morte di frate Iginaldo. Lucifero co'l cadavere della fanciulla si avvicina a forza di nuoto alla riva. Iddio, che vuoi perderlo ad ogni costo, inveisce contro gli oziosi abitatori del cielo; armasi in fretta, ed è sul punto di scendere in terra per combattere il nemico, quando l'arcangelo Michele lo calma, e scende in sua vece alla pugna. Sdegnose parole di Lucifero al nemico, la cui spada non riesce a ferirlo. L'eroe afferra finalmente la riva, e d