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E la tranquilla visïon le arride D’una stanza ove cuce Essa cantando, mentre il bimbo ride Del foco a l’area luce: Imbianca i vetri l’ultima carezza Del giorno in agonia, E al nido porta l’alitante brezza Le voci de la via.... .... Stride una squilla: al dormitorio austero S’affaccia e ghigna l’alba.

Stride la gazza, passa a volo, e va squassando le ali a posarsi sull'orlo d'un laghettone, in cui la piova del bosco si riversa in uno stagno viscido e giallastro che dorme nel silenzio verde della pineta.

Sull'immensa pianura tenebrosa e schiacciata che stride qua e l

A poco a poco qualche finestra s'aprì, qualche porta stridè sui cardini, qualche domanda fu scambiata da casa a casa; poi alcuni monelli furono visti farsi cenni da via a via, correre, raccogliersi camminando in punta di piedi, e parlar basso tra loro, come temessero di turbare il sonno a qualcuno.

La voce di Drollino era orribile a udirsi: roca, sibilante, con un suono alterato, gutturale, come il congegno d'una macchina che, spazzata, stride sotto la mano di chi lo tenta. Il Duca dominò un brivido, e continuò: Forse, nevvero, vuoi parlarmi dell'accidente in cui la tua generosa audacia.... Sapresti.... potresti dirmi chi?... Si dice che sia stato un attentato. E tu sai...? Lo so!

Svanîr calma e tempesta; Ormai la tua giornata è giunta a sera, Nulla quaggiù ti resta. Su te mendico, servo e dispregiato, Senza posa gravò la sferza fiera D’un avverso destin.... ma fosti amato!... Ruvida spada io son che il terren fende; Son forza ed ignoranza. In me stride la fame e il sol s’accende; Son miseria e speranza.

Tacque, poi, come aspettando una risposta, più alzò la bimba, gridando: O Guidinga, rotola la valanga per me! Come un giorno dallo scalone hai rotolato il tuo corpo per te! E camminò ancora, ancora: O Guidinga, guardate per cui vi chiamo! Una bambina che stride! Ancora: O madonna perduta, ho gli sproni d'oro!

Del nostro fido amor la gioia istessa In te stride e non canta; Nel tuo cor v’è una lacrima repressa, Geme una corda infranta. Presso il mio petto qual folle paura Il grande occhio t’accende?... Qual lontano spavento di sventura L’anima ti sorprende?...

Or mai non regge più speranza; parla a vuoto nell'isola Gloriana: stride al vento sirventa e romanza: e il manto istoriato della strana Rabetna io spiego in contro alla Costanza, come vessillo per l'immensa piana. E pur seguite me: argento ed ostro son l'occhi miei bruciati e splendenti: son liriche i ruggiti: è il faro vostro la vampa che esce dalle fauci ardenti.

Perchè siam venuti qua su?... È una cosa spaventevole, Cesare! continuò, soffocata dalla paura. Ella cammina così adagio!... E l'uscio è aperto; non si può chiuderlo; stride. Suvvia, anima, tentò l'uomo, non pensare.... Dorme!... Parlavano senza vedersi, ritti ed abbracciati, con le voci morte; a un passo da loro, non si sarebbe udito verbo.