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a quella terra, che n’è ben fornita: ogn’ uom v’è barattier, fuor che Bonturo; del no, per li denar, vi si fa ita». L

Se così fosse, in voi fora distrutto libero arbitrio, e non fora giustizia per ben letizia, e per male aver lutto. Lo cielo i vostri movimenti inizia; non dico tutti, ma, posto ch’i’ ’l dica, lume v’è dato a bene e a malizia, e libero voler; che, se fatica ne le prime battaglie col ciel dura, poi vince tutto, se ben si notrica.

Gherardo Ismera. Mia povera donna, quest’ombra non basta. Anche la notte sarebbe troppo chiara. E che altro vorrei fare, che altro potrei, se non velarmi la faccia ed entrare nel silenzio che tutto assolve e tutto cancella? V’è un’anima che non potr

Tra Maestri, Deputati di piazza, loro Esposti, Contestabili, «Maestri di mondezza», non giungono ancora a dugento, numero legale «per conchiudersi il Consiglio»; ma v’è la banda del Senato: e con essa il numero è raggiunto. Ed ecco farsi innanzi, come in simili congiunture, servitori con vassoi gremiti di sorbetti, e passarli a tutti i presenti.

Peraltro, o essi la danno buona, e allora son sospetti di piacenteria; o la danno cattiva, e allora fanno nascere il dubbio di malanimo personale: e poi, v’è sempre quell’ingrata figura del Palermo con quel brutto serpente!... Facciam capo dunque ai forestieri. Hager, che si trattenne a lungo e volentieri nei salotti eleganti e nei circoli di compagnia, ce ne dice più di tutti.

Ondeggi e splendi in un alone di note. In te v’è un pispigliar di nidi, uno stormir di foglie al vento mosse. Ma non ti disser pagine o maestri le tue canzoni. Al fluttuar degli estri pieghi, e all’ultima gioia che ti scosse. Parole e ritmo sgorgan per incanto dall’anima cangiante come prisma al sole. Iddio con questo alato crisma benedisse in te, figlia, il riso e il pianto.

Ma io quest’angoscia che t’opprime non la considero come una malattia, come una mania inguaribile. Parlo anzi alla tua ragione, invoco la tua ragione. Mortella. Povera ragione! Giana. Hai tanto scavato in te che è andata al fondo. Mortella. È il suo luogo. Giana. Bene. È il suo luogo, e il luogo della causa. V’è una causa. Mortella. La causa pende. Giana. Ancóra enigmi!

E le Romane antiche, per lor bere, contente furon d’acqua; e Danïello dispregiò cibo e acquistò savere. Lo secol primo, quant’ oro fu bello, savorose con fame le ghiande, e nettare con sete ogne ruscello. Mele e locuste furon le vivande che nodriro il Batista nel diserto; per ch’elli è glorïoso e tanto grande quanto per lo Vangelio v’è aperto». Purgatorio · Canto XXIII

Ritta nel sole, colle man sul fronte a schermo, guardi se un ruscello appaia, se qualche roccia della rea petraia pianga per una sua cerula fonte. Nulla: non trovi nulla, fuor che sassi, polvere, ortiche, calcinacci. E rabbia d’arsura, quasi che rovente sabbia colle contratte fauci respirassi. Dio mio che sete!... Asciugheresti i fiumi. Ma non v’è nube in ciel, ma non v’è filo d’acqua fra pietre.

Ormai, pare impossibile, non v’è treno di lusso che solchi l’Europa in qualsiasi direzione senza contenere la Parigina e il diplomatico Turco, questi due esponenti così caratteristici dell’umanit