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L'Arte è la candid'avola Che tesse le sue fole; E noi, che ancor siam pargoli, Amiam le sue parole; Ma, fatti adulti, i popoli La chiameran ciarliera, Ed alla figlia austera Rivolgeranno il piè!... E cercheran l'oceano Del fiume antico uggiati; E scruteran dai vertici I cieli sconfinati; E chiederanno i fascini, Che il genio oggi dispensa, Alla natura immensa, Che tutto chiude in .

Oh! no, vieni, amor mio, vieni, ei rispose, Co'l Sol nascente e i rugiadosi fiori, E alle fole, che il mito aureo compose, I nostri involïam superbi cori: Il trono de l'amor son queste rose; Tutti son ne la vita i suoi splendori; È qui sovra la terra il ciel che agogni, Qui ne le braccia mie tutti i tuoi sogni!

Attonito, da prima, dalle insolenti popolari grida fosti, al tornar di Ottavia; or, crescer odi l'ardire; onde atterrito... NER. Atterrito io?... POPPEA So, che il forte tuo core ognor persiste nella vendetta: ma, son dubbj i mezzi: e intanto esposto a replicati oltraggi rimani tu. Le irriverenti fole per anco udir di un Seneca t'è forza: ben vedi... NER. Atterrito io?

Tal ne' vizii s'avvolge, come Ciacco Nel lordo loto fa; soldato esperto Ne' conflitti di Venere e di Bacco. E tal di mirto al vergognoso serto Il lauro sanguinoso aggiunger vuole, Ricco d'audacia e povero di merto. Tal pasce il volgo di sonanti fole, Vile, di patrio amor par tutto accenso, E liberal non è che di parole.

Le fole che inventava per la via per alloggiare a macco da' villani, perocché de' signor paura avia se non si vede in paesi lontani, io non le potrei dire in vita mia. Racconta circostanze e casi strani, tanto che da' piú agiati, oltre a' mangiari, per accrescer la borsa ebbe danari.

Guardava il cibo e dicea: Non ho sete; guardava il vino e dicea: Non ho fame; donde ridean le monacelle dame. Ma la calamitá raffinamento d'indomiti cervelli anch'esser suole. La bizzarra tra pensava drento che il gridar e il far forza erano fole. Io fingerò diceva cambiamento e nausea per il mondo, con parole; ben verrá il giorno della mia vendetta: il savio tempo e luogo e punto aspetta.

Quindi egli siede ai caldi occhi del sole sull'uscio e in così grasse risa il pane accompagna che fuggono lontane le donne alle sue fole. Oppur si piglia in braccio o sui ginocchi un suo vezzoso bambinel di latte: e le morbide incudini gli batte, soffiandogli negli occhi.

, avete ragione. Così in quell'ora angosciosa ho giudicato anch'io. Ma poi oh! questo almeno credetemi! ho sentito che altri doveri erano per me altrettanto forti, altrettanto santi!... Da quel momento non pensai che a voi: vi cercai con desiderio intenso: ho sperato mille volte che vi sareste decisa un o l'altro a darmi vostre notizie. Ma nulla, nulla e sempre nulla! Mi credetti obbliato; vi credetti morta; pensai ( anche questo pensai!) che la vostra sorte vi avesse condotto a migliori fortune.... Allora, infiacchito, sfiduciato, senza più uno scopo dinanzi a me ed esortato dai medici a vigilare sulla mia salute gravemente scossa, lasciai l'Italia, vissi per qualche tempo con mia zia, la contessa Polverari-Nathan, la quale m'aveva preso affetto di madre; poi, in cerca di distrazione e di arie salutari, viaggiai: un inverno a Madera, quindi alle Indie, in China, al Giappone.... Mi feci una nominanza di avventure singolari e romanzesche: fole di cronisti male informati e dicerie senz'ombra di verit

O colombi, che con volo obliquo e soavissimo calate innanzi alle scalee delle misteriose ville rococò a bere dolcemente nei cavi della vecchia arenaria le piogge del dicembre infecondo: o passeri, che, stormeggiando bellicosi, vi affollate sui santi cornicioni delle chiese smattonate a beccare protervamente le lolle sospintevi dai venti: o rampichini muraiuoli, che col capo in giù vi aggrappate ai sagginali che tappano le finestruzze, arruffando lo spavaldo ciuffetto, per cacciarvi in una stalla piena di marmocchi, di contadine e di fole: o reatini, reatini minimi, che nei rosai brinati dei cimiteri sbattete l'ali rapidissime, quasi cercando i nonni ai radiconi del campo e ai cataletti del beccamorto, i nonni aggelati che, come voi sono i simboli del verno: o miei amici, amici della mia casta infanzia e della mia trepida giovinezza, gentili poeti dei voli e dei susurri, poveri uccelli che avete sete, che avete fame, che avete freddo, che avete le nebbie nell'animuccia, venite alla mia finestra in quest'alba mesta, venite ai miei vasi di fiori, venite alla mia stanzetta.

Restò colpito da un improvviso terrore. Le fole superstiziose da cui fu cullata la sua infanzia diventano in quel momento realt