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Le gialle camomille, le malve, i narcisi odorosi, i cardi dalla barba grigia, che debbono esser qui vissuti un tempo come monaci, i candidi gigli, personificazione delle pie monacelle che vissero un giorno tra queste mura; le rose selvagge, l'alloro, il lentischio, le alte felci, le rampicanti clematiti, i rovi, il caprifoglio, i garofani rossi che sembrano Saraceni incantati, i fantastici capperi che spuntano dalle fessure dei muri, le fucsie, il mirto, la menta aromatica, le ginestre dorate, ed infine l'edera oscura che ha tutto invaso e che ricopre le rovine in verdi cascate; tutto questo mare di fiori e di profumi rapisce i sensi, conquide l'anima e fa deliziosamente sognare.

Omai fratel padre di famiglia alla suora comanda od alla figlia. Infin che in fresca etá ne' monasteri si mettan le figliuole o le sorelle, a questo condiscendo volentieri, so che l'han care anche le monacelle. Ma che voi, conti, duchi e cavalieri, disperati per mille taccherelle, vogliate ch'io le chiuda di trent'anni, perdio! convien per forza ch'io m'affanni.

Marfisa scherza con le monacelle, e mangia e beve, e non è piú ritrosa, e alla badessa un giorno in mezzo a quelle diceva, in faccia tutta vergognosa: Vi prego, madre, le mie maccatelle dimenticate e siatemi pietosa. Vorrei che il mondo tutto si scordasse e che di me nessun piú ragionasse.

Fiordiligi in sul grave si rizzava, e disse forte: Sappi, figlia mia, io deggio dirti questa cosa sola: che fuor di qua non esce chi non vola. Le sono intorno l'altre monacelle, dicendole che avesse pazienza, e s'inchinasse al cielo ed alle stelle che l'avean sentenziata in penitenza. Marfisa guarda queste e guarda quelle. Che penitenza? disse che sentenza?

Guardava il cibo e dicea: Non ho sete; guardava il vino e dicea: Non ho fame; donde ridean le monacelle dame. Ma la calamitá raffinamento d'indomiti cervelli anch'esser suole. La bizzarra tra pensava drento che il gridar e il far forza erano fole. Io fingerò diceva cambiamento e nausea per il mondo, con parole; ben verrá il giorno della mia vendetta: il savio tempo e luogo e punto aspetta.

Ma s'io ritorno per il sentiero Quando la bianca luna si specchia Nei rotti muri del monastero, Mi par d'intendere, o monacelle, Le campanelle Che ancor vi chiamano a salmodia: "O rosa mistica, O domus aurea, Ave, Maria.." A queste note, Che d'una morta speranza parlano, Del cor io sento strider le ruote E sonar l'ora d'una passata Notte stellata.

Era veneziana, tutta piena di quella dolcezza de' modi e dell'anima onde quei del veneto son pieni. Come era divenuta monaca? Nessuno me lo seppe dire. E da quanto tempo ella aveva abbandonato il mondo e Venezia bella? Tutte queste monacelle, benedete, hanno il loro piccolo dramma chiuso in core, e un mistero nascoso nell'anima.

So dir che tutte avean molle la benda di sudor, spezialmente quelle grasse. Alfin riscossa convien che s'arrenda Marfisa, c'ha le membra troppo lasse. Le monacelle stanche, stizzosette, intuonaron di molte predichette. Vanno rimproverandole la vita, gli amori e il mal costume, che seguia; dicendo che dal secolo tradita era, perocché il secolo tradia.