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I coperchi degli avelli romani sollevati dalla voce del Capitano del popolo non si sono richiusi; come tante bocche aperte gridano: codardi! eroi da teatro! a Roma non si va che con ardimento romano. Roma venne tratta dinanzi come l'arco di Ulisse; bisogna curvarlo o morire. O Proci, divoratori della sostanza altrui, badate, Ulisse è gi

Aperto a caso il libro, egli legge: Sul roseo avorio de le carte, bruni ed alati, come uccelli stanchi, dormono i sogni: reliquie e diane di cuori vecchi e nuovi, pianto di avelli.

A noi non la vittoria, ma dei fiacchi lo scherno: Non i felici oròscopi, ma il pallido dover: Non fratricidi allori, ma l'abbandon fraterno: Non di tiranni il soldo, ma il raggio d'un pensier. L'alme donammo al fato, non bugiarde parole, Dall'ombra degli avelli guardando all'avvenir!... L'Ombra, inchinando l'asta, grida: Stanotte vuole Coi morti di Mentana Leonida dormir!

Soi tumuli, sepolcri, roghi, avelli e quant'urne s'affretta empire d'ossa non temer, di forza ch'aggian elli. Lei, di catene vinta in scura fossa rinchiusa, freno; ché, sciôrse volendo, talora si dimena con tal possa, ch'ella, te il cor ritolto avermi udendo, subito rotte lasciaralle a dietro.

Si` come ad Arli, ove Rodano stagna, si` com'a Pola, presso del Carnaro ch'Italia chiude e suoi termini bagna, fanno i sepulcri tutt'il loco varo, cosi` facevan quivi d'ogne parte, salvo che 'l modo v'era piu` amaro; che' tra gli avelli fiamme erano sparte, per le quali eran si` del tutto accesi, che ferro piu` non chiede verun'arte.

Alcun che a notte muta Si smarrì tra gli avelli, ove più folti Erano i gigli nelle nivee tombe, Sentì voci tornar come di canto Dolcissimo e fuggir vide una luce Palpitante nel sasso, in cui rifulge Il nome delle belle adormentate Nel silenzioso oblio. "Noi siam le vostre Sopite illusioni ma non spente Dicevano le voci e nei scolpiti Nomi fermiamo l'ideal che fugge.

Al nuovo cenno si aprirebbe il coro Del paradiso e giù dagli sgabelli Vedrei scendere i santi in veste d'oro Luminose le barbe ed i capelli. In litania d'amor, nel concistoro S'udrian cantar cogli esuli fratelli: IN TERRA PAX, IN TERRA PAX... e a loro Dal cimiter rispondere gli avelli. E rose e perle e di mille colori Le gioie spargerei sul mio cammino, Adornando di lauro ogni stamberga.

come ad Arli, ove Rodano stagna, com’ a Pola, presso del Carnaro ch’Italia chiude e suoi termini bagna, fanno i sepulcri tutt’ il loco varo, così facevan quivi d’ogne parte, salvo che ’l modo v’era più amaro; ché tra li avelli fiamme erano sparte, per le quali eran del tutto accesi, che ferro più non chiede verun’ arte.

Dai maledetti avelli Balzan gli eroi; splendono al Sol gli acciari; Quei che avversi morîr, sorgon fratelli: Arde la pugna; stride L'Arpía de l'Istro; dai venali altari L'irto Levita invan s'adopra e freme... Viva il Sabaudo allòr; vivan le fide Schiere dei nostri eroi, Viva tu pur, che a noi Desti i tuoi prodi, e a noi vincesti insieme! Dove sei tu?

Tu, colonna fatal, ch'ergi l'altera Testa agli astri e co'l piè Francia calpesti, E di rampogna tacita e severa Le loquaci dei vivi alme funesti, Crolla tu pur, bronzea colonna, e fiera Su le rovine tue Francia si desti, Si desti alfin; scoperchi i freddi avelli, Schiaffeggi i padri, e il nome lor cancelli!