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Ne riceveva qualche nuova dal banchiere di Berna, il quale pagava le spese di pensione. Regina aveva adesso quindici anni. Nel 1837, il dottore si decise infine a rivisitare la Svizzera.

«Un giorno, nel 1834, un uomo mi venne innanzi richiedendomi d'ajuto fraterno. Era un proscritto, proscritto da vent'anni, e aveva bevuto a lenti sorsi tutto quanto il calice amaro che l'esilio versa sui poveri e soli. L'avevano sospinto da Berna a Ginevra, da Ginevra in Francia. La Francia lo aveva respinto, perch'ei mancava di carte regolari. Avea ricorso il paese a piedi e trovato un rifugio in Berna dove alcuni Italiani prendevano cura di lui. Fu riconsegnato ai gendarmi e respinto su Ginevra. L

Ma alle titubanze accennate s'aggiungevano le divisioni inerenti ad ogni federazione e fomentate dalle monarchie, ch'esercitavano influenza sopra un Cantone o sull'altro, la Prussia su Neuchâtel, l'Austria sui tre piccoli Cantoni, la Francia pel contatto dell'ambasciata, su Berna.

Fondai nel giugno del 1835 un giornale destinato a estendere l'Associazione e le sue idee nella Svizzera. Esciva due volte la settimana, su due colonne, francese l'una, tedesca l'altra. Avevamo fatto acquisto d'una stamperia in Bienna, nel Cantone di Berna. Il professore Weingart, svizzero, dirigeva lo Stabilimento, nel quale allogammo operai profughi, tedeschi e francesi.

Ci fu veduto come, fra i Grigioni, tutto andasse in brighe di potenze straniere; fra le quali si dimenticava l'interesse della patria. Gli ambasciatori francesi, con disapprovare la lega fatta coi Veneziani, caddero in sospetto di esser d'accordo colla Spagna: sicché l'ambasciatore Gueffier, denigrato dai predicanti, dovette fuggire negli Svizzeri: quinci lamenti e turbolenze, fra le quali pigliavano il sopravento i predicanti, venuti ormai il tutto del governo, come succede ai pochi che schiamazzano mentre i più stanno savi e tranquilli. E avendo intesa con Zurigo, Berna e Ginevra, non cessavano di gridare doversi far nello Stato una sola religione, essere violate le costituzioni poi bocconi stranieri, si operasse una volta efficacemente a rintegrare la libert

Gli fu spedita ogni cosa e istruzione di tornare a Berna e presentarsi per consigli all'ambasciatore francese, fatto complice della trama egli pure. Tornò, sotto il nome di Pietro Corelli, il 6 agosto. Ebbe un abboccamento la sera col duca di Montebello.

E cantò, l'allodoletta! Cantò, in molti climi, sotto molti cieli, in molte terre lontane. Era forse a Edimburgo che i cavalli furono staccati dalla sua vettura, ed essa e Nancy tratte in trionfo per le festanti vie? Era forse a Berna che la polizia dovette sgombrare dalle strade e dalle piazze le turbe di studenti che parevano impazziti? Non fu a Torino che la folla la richiamò venti volte al balcone, per urlarle i suoi evviva, per implorare dal piccolo volto estasiato un sorriso, dalle piccole mani salutanti, un fiore? Dove, dove fu che gli uomini alzavano i loro figlioletti tra le braccia perchè la vedessero, perchè le toccassero la veste, e le donne, spinte e urtate nella calca, coi cappelli a sghembo e gli occhi allucinati, battagliavano per intravvedere un baleno della bionda testolina salutante e per sfiorare d'un tocco la piccola mano inguantata? Non era a Napoli che la chiamavano «la bambina assistita», e la credevano posseduta da uno spirito? E tra le acclamazioni talune voci gridavano che, per carit

³¹⁴ La Vicaria mancava di spedale, e gli ammalati da curarsi venivano portati all’Ospedale grande in sedia volante e fiancheggiati da birri. Nello scorcio del secolo ad essa venne unita una infermeria. Fino al 1790 era medico maggiore della Vicaria, D. Giuseppe Catanese; dal 1791 in poi, per certo tempo, il celebre D. Francesco Berna.

Il dottore collocò Regina in una pensione di damigelle protestanti nel Cantone di Berna. Raccomandò alla direttrice di non cacciar dentro al cervello di sua nipote mitologia, catechismo, storia sacra, storia greca e romana, nulla di quella congerie di stolidezze che s'insegna in Francia alle donzelle.

E a far ch'ei fosse creduto ciecamente da noi, l'ambasciata francese in Berna dovea ricevere da Parigi denunzia formale che lo indicherebbe partecipe dei tentativi di Fieschi e Alibaud e incarico di chiederne al governo elvetico la consegna o la cacciata. Per tal modo egli avrebbe potuto seguirci. Gli fu dato danaro, un passaporto col nome di Napoleone Cheli, e un indirizzo per corrispondere.