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Aggiornato: 8 luglio 2025
Tra gli intimi di Romussi, vi era il professore Pietro Panzeri, direttore dell'Istituto dei rachitici, che piangeva come un ragazzo. Il vagone cellulare era nuovo o pennelleggiato di fresco. Perdeva un odore di vernice che faceva turare il naso. Don Albertario, grosso come era, non riuscì a mettere il piede sul predellino che aiutato.
Tornando a Londra mi seguì un caso che mi fece rimpiangere amaramente di non sapere l'inglese. Nel vagone c'era un signore che fumava la pipa: io accesi l'ultimo sigaro virginia d'una reliquia di mazzo che avevo portato da Parigi. L'avevo appena acceso, quando entrò una signora. Io faccio un atto come per domandarle se il fumo le d
La Carmela si rincantucciò in un angolo del vagone, e, col viso contro il vetro del finestrino, stette a guardare i prati verdi ed umidi, le risaie gialle allagate da un'acqua sudicia, tutta quella campagna monotona, il cui piano liscio, sterminato, era appena interrotto da qualche filare di gelsi, da pochi ciriegi selvatici sui quali s'arrampicavano le viti, dalle case coloniche isolate, rozze, povere.
Sia pure lavoro di sport, a cavallo o sul velocipede o sopra un yacht o a caccia, o lavoro di pensiero nel gabinetto, nello studio, tra i campi, nel vagone o sul piroscafo del viaggiatore. Il lavoro ha tante vie, che a percorrerle tutte un uomo dovrebbe vivere cento vite.
Nel vagone, benchè ci fosse molta gente, non ebbi occasione di dire una parola, e neanco d'udirne. Eran tutti uomini maturi, con visi serii, che si guardavano in silenzio, gettando dei gran nuvoli di fumo a intervalli uguali, come se avessero voluto misurare il tempo col sigaro. Quando s'arrivò a Delft, scesi e salutai: qualcuno mi rispose con un leggero movimento delle labbra.
"Nel mez-zo del cam-min di no-stra vi-ta!" disse facendo un grande sforzo e saltando giù dal vagone. "Un momento!" gli gridai; "Sentite! Una parola! Come mai....." Era scomparso. Avete capito che razza di contadini c'è in Olanda? E dico, potrei far sacramento che non ho aggiunto una mezza parola di mio.
Il maresciallo della caserma era un uomo tarchiato, con una faccia grossa e grassa da bonaccione. Li condurrò alla stazione in carrozza per non farli passare traverso la folla. Grazie. Pagheranno la vettura! S'intende. Alla stazione venimmo circondati da una moltitudine che aumentava di minuto in minuto. Entrammo in un vagone di terza classe. È stata una vera sorpresa.
Le due ore sì tramutarono in più di tre, finalmente venne le famosa locomotiva: rimontammo nel nostro vagone, e insieme con noi rimontò la guardia di pubblica sicurezza. Che si avesse a fare la seconda di cambio? si pensava tutti tra noi, ma nessuno ardiva dirlo a un compagno.
Coloro che lo hanno accompagnato in vagone, un suo fattore ed un suo vecchio fittabile, lo spingono al finestrino per ringraziare la folla, che continua ad applaudire, a gridare evviva, ad agitare i fazzoletti e gli ombrelli. Giustizia!... Giustizia fino all'ultimo!
Dalla macchina all'ultimo vagone corse il grido: Pronti! Pronti! Il treno si mosse. Ricordati di farmi spedir le bozze del discorso gridò Varedo a Zonnini cacciando il capo fuori del finestrino e salutando a destra e a sinistra. Nell'interno della vettura i tre colleghi almanaccavano sulla crisi e sulla sua probabile soluzione. Ecco chi la sa lunga disse uno di loro accennando a Varedo.
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