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Aggiornato: 24 giugno 2025
Oh! quel no! fu come un tocco di bacchetta magica, che mutò il reverendo di punto in bianco. Si fece di mille colori.... avrebbe voluto volare, per saltar al collo di quel capo dei giurati che l'aveva pronunziato; avrebbe voluto urlare, per dare sfogo alla gioia feroce che gli si agitava nel petto.
Poi si sentì trascinare dalla bionda, che quasi la sollevava, e si ritrovò sul marciapiedi, davanti al treno nero, interminabile. La macchina sbuffava. Un vento umido e freddo la percosse in faccia. Udì confuse voci e a un tratto urlare: In vettura! In vettura! Uno sportello si spalancò. La bionda salì per la prima, stese le braccia, afferrò Letizia e se la trasse dentro.
Il ferito cominciò a singhiozzare come un fanciullo, poi, furente, si diede ad urlare con voce di dannato. Chiamava, imprecava, pregava, mandava suoni senza nome, fremeva, taceva sfinito, ricominciava più feroce, finchè gli urli tornarono grida umane, e le grida lamenti acutissimi, ed i lamenti gemiti spossati e sommessi. Poi la voce gli mancò anche a quelli.
Due grandi occhi azzurri mi guardavano spaventati, una testina bionda come quella di Fortunata si levava dal capezzale, intenta. Il piccino mormorò lei. Ma come m'accostavo al lettuccio il piccino fu preso da gran terrore. Ricacciò il capo sotto le coltri e si mise a urlare.
Il traino si avanzava scricchiolando su la ghiaia, al passo di una pesante cavalla grigia a cui il gran corno d’ottone lucido brillava, simile a una bella mezzaluna, su la groppa. Come Giacobbe e li altri si fecero in contro, la pacifica bestia si fermò soffiando forte dalle narici. E Giacobbe, che s’accostò primo, subito vide disteso in fondo al traino il corpo di Pallura tutto sanguinante, e si mise a urlare agitando le braccia verso la folla:
il cieco sasso, de gli incendii il lume sanguigno, e il pazzo urlare. Noi siamo il grande e maestoso fiume che volge il corso al mare; il ghiacciaio noi siam bianco e silente che leva al ciel la fronte, e a poco a poco, inesorabilmente, spacca e sommuove il monte. L’ultimo aiuto e la speranza estrema perduta avrem dimane. Non tener, Camerata. Il cor non trema se pur ci manca il pane.
Ammazziamoli subito! gridarono più voci di forsennati. Intanto la piazza sempre più e più si gremiva di gente che sboccava al trambusto da tutte le vie, e cresceva la folla ed il trambusto stesso. Le finestre pure delle abitazioni erano gremite di persone curiose. Ammazziamoli subito! seguitavano ad urlare quei demonii. Facciamoli prima confessare, gridavano i pacifici.
Una sera, il soprintendente e la sua famiglia erano nel cortile della prigione; vi si trovavano pure alcuni prigionieri, occupati in certi servizi, e vari impiegati. A un tratto fu udito un grido straziantissimo: la moglie del soprintendente si slanciava verso il pozzo, e dopo il suo grido di spavento, si mise a urlare: Salvatelo! salvatelo!
Da anni e da giorni, io vorrei gridare, urlare, pur di gittar via la mia pena. E lo guardava con occhi così dolorosi e così interrogativi, così invocanti un orecchio pietoso alle confidenze, che egli si arretrò. Era pallidissimo: ma Clara, nell'egoismo della sua angoscia, non se ne accorgeva. Non potrei ascoltarvi, Clara. E perchè, e perchè? Così: non potrei. Non mi siete amico, allora?
Sentiva che una mano cercava la serratura della porta. Forse era un ladro! Lina pensò di domandare: chi è; di urlare, di chiedere aiuto, se non avesse risposta. Chi è? domandò la procace ragazza, tutta tremante, accostandosi in punta di piedi alla porta. Io... Lina... io! rispose sommessamente una voce a lei nota. Era Lucertolo! La ragazza stette un po' perplessa, se dovesse o no aprire.
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