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Aggiornato: 29 giugno 2025
45 Non potè aver più pazienza Orlando e gridò: Mentitor, brutto marrano, in che paese ti trovasti, e quando, a poter più di me con l'arme in mano? Quel paladin, di che ti vai vantando, son io, che ti pensavi esser lontano. Or vedi se tu puoi l'elmo levarme, o s'io son buon per torre a te l'altre arme.
Oh no, Paolo! Che ne sai, tu? Tu non sai nulla. Hai ragione ella disse, soffocando un singhiozzo. E un'altra volta: Non pensavi che la vita era cattiva, Paolo, quando hai scritto L'amore di Maria? Quella storia è bruttissima. Oh, no! Bruttissima, ti dico. A me è piaciuta soggiunse ella, con timidit
E forse che non pensavi ascosamente farmi questo inganno? Ma, per mie' fé, tanto sa altri quanto tu. E, a questa ora, in questo abito, d'altri non fidandomi, io propria son venuta per trovarti. E cosí ti meno, come tu sei degno, sozzo cane, per svergognarti e perché ognuno prenda compassione di me che tanti oltraggi da te sopporto, ingrato!
Più a lungo sarebbonsi tratti i colloquii; e tuttavia favellando gli avrebbe côlti il mattino, così grande diletto ricavava l'uno dall'altro, se in quell'istante la Regina, aggravandosi, come stanca, sul braccio di Manfredi, non gli avesse rammentato che quivi erano discesi per riposarsi; però egli si tolse il mantello, e stesolo sul terreno vicino al fuoco, con un mesto sorriso lo additava alla nobile Elena, e le diceva: «Qui giaci, Regina: oh! il giorno in che tu fosti assunta sposa al reale mio talamo, tu non pensavi, infelice! che avresti passato una notte di dolore sopra il nudo terreno: chi te lo avrebbe detto! un ciel sereno pareva dovesse essere la tua vita; e se tra tante immagini di contento balenò al tuo pensiero l'ora solenne della pace, certo tu la vedesti splendida come il tramonto di un sole di estate.»
ch'assolver non si puo` chi non si pente, ne' pentere e volere insieme puossi per la contradizion che nol consente". Oh me dolente! come mi riscossi quando mi prese dicendomi: "Forse tu non pensavi ch'io loico fossi!". A Minos mi porto`; e quelli attorse otto volte la coda al dosso duro; e poi che per gran rabbia la si morse,
O bimbo, quando credevi di fare il tuo discorsone, pensavi alla mamma? quando tu dormi, ti sogni di lei? quando starnuti, non ci dici grazie? O piccino! O piccino! Eravamo tanto egoisti che sobbalzavamo di scatto, scacciando l'idea e la domanda: Dove saranno i colombi? e i passeri? e i poveri rampichini? e i poverissimi reatini?
CHIARETTA. Il malan che Dio ti dia! non vòi altro di questo? LECCARDO. E che pensavi? qualche cosa trista? CHIARETTA. Che vuoi farne? LECCARDO. Vestirla a te. E alcuna di quelle cose che l'ha mandato don Ignazio, o di quelle che portò quel giorno della festa; ché s'ella si vuole sposar dimani, noi ci sposaremo questa notte. Tu sarai Carizia, io don Ignazio. CHIARETTA. Tu mi burli.
Le tue coscie grassoccie rimpiangono le delizie delle quattordicimila camere del Vaticano? E non pensi forse nostalgicamente al tuo medico notturno e alla tua poltrona a rotelle pneumatiche? Staresti meglio forse nella tua portantina.... E' questa l'ora in cui la tua pancia, colata giù dal letto, si versava nella carrozza dalle soffici molle e dai grassi cavalli che t'aspetta ogni mattina nel cortile della Pigna! E' questa l'ora in cui pensavi alla colazione vicina, nell'attraversare gli untuosi giardini del Vaticano.... E la tua nostalgia rievoca la fila degli Svizzeri: che di lontano sembrano tante uova
Parola Del Giorno
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