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Aggiornato: 8 maggio 2025
Ma ne l’ultima bolgia de le diece me per l’alchìmia che nel mondo usai dannò Minòs, a cui fallar non lece». E io dissi al poeta: «Or fu gi
Stavvi Minòs orribilmente, e ringhia: essamina le colpe ne l’intrata; giudica e manda secondo ch’avvinghia. Dico che quando l’anima mal nata li vien dinanzi, tutta si confessa; e quel conoscitor de le peccata vede qual loco d’inferno è da essa; cignesi con la coda tante volte quantunque gradi vuol che giù sia messa.
Quando si parte l’anima feroce dal corpo ond’ ella stessa s’è disvelta, Minòs la manda a la settima foce. Cade in la selva, e non l’è parte scelta; ma l
Stavvi Minos orribilmente, e ringhia: essamina le colpe ne l'intrata; giudica e manda secondo ch'avvinghia. Dico che quando l'anima mal nata li vien dinanzi, tutta si confessa; e quel conoscitor de le peccata vede qual loco d'inferno e` da essa; cignesi con la coda tante volte quantunque gradi vuol che giu` sia messa.
Ma nell 'ultima bolgia de le diece me per l'alchimia che nel mondo usai danno` Minos, a cui fallar non lece>>. E io dissi al poeta: <<Or fu gia` mai gente si` vana come la sanese? Certo non la francesca si` d'assai!>>. Onde l'altro lebbroso, che m'intese, rispuose al detto mio: <<Tra'mene Stricca che seppe far le temperate spese,
Sempre dinanzi a lui ne stanno molte: vanno a vicenda ciascuna al giudizio, dicono e odono e poi son giù volte. «O tu che vieni al doloroso ospizio», disse Minòs a me quando mi vide, lasciando l’atto di cotanto offizio, «guarda com’ entri e di cui tu ti fide; non t’inganni l’ampiezza de l’intrare!». E ’l duca mio a lui: «Perché pur gride?
Quando si parte l’anima feroce dal corpo ond’ ella stessa s’è disvelta, Minòs la manda a la settima foce. Cade in la selva, e non l’è parte scelta; ma l
Ma ne l’ultima bolgia de le diece me per l’alchìmia che nel mondo usai dannò Minòs, a cui fallar non lece». E io dissi al poeta: «Or fu gi
Tu 'l sai, che' non ti fu per lei amara in Utica la morte, ove lasciasti la vesta ch'al gran di` sara` si` chiara. Non son li editti etterni per noi guasti, che' questi vive, e Minos me non lega; ma son del cerchio ove son li occhi casti di Marzia tua, che 'n vista ancor ti priega, o santo petto, che per tua la tegni: per lo suo amore adunque a noi ti piega.
Sempre dinanzi a lui ne stanno molte; vanno a vicenda ciascuna al giudizio; dicono e odono, e poi son giu` volte. <<O tu che vieni al doloroso ospizio>>, disse Minos a me quando mi vide, lasciando l'atto di cotanto offizio, <<guarda com'entri e di cui tu ti fide; non t'inganni l'ampiezza de l'intrare!>>. E 'l duca mio a lui: <<Perche' pur gride?
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