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Aggiornato: 12 giugno 2025
Audace, libera, Indipendente, Di giogo indocile È la tua mente.... A chi ne dubita, A chi nol crede La tua grammatica Ne può far fede. Il mio core è sempre giovane Non mel credi? Sì.... tel credo.... Ma.... che vuoi? Pur troppo, o Clelia, Sol del cor l'astuccio io vedo.... E l'astuccio, o dolce amica, È di pelle troppo antica. Tutti plaudiscono?
Non è dolor pari a quello de una donna che si trova aver perso la sua giovinezza in vano. Fresca sta chi crede, in vecchiezza, ristorarla. Quando troverrò io uno amante cosí fatto? quando arò io tempo andarlo a trovare, come al presente, che egli è in casa e che il mio marito è di fuora? chi mel vieta? chi mi tiene?
Pur ch'io senta il mio cor, fategli intorno Di spine una corona e pur ch'io viva Mi basta il breve luccicar d'un giorno Di grande incendio scintilluzza viva. Come il Tempo si uccida ah non mel' chiedere, azzimato garzon, ch'io questo solo conosco che la vita è un fil brevissimo d'erba o più breve tra due fili un volo.
OTTAV. Sí; tu stesso, altra fíata, tu mel dicesti. I piú segreti affetti del travagliato animo tuo, qual padre tenero a figlia, a me svelavi allora. Rimembra, deh! ch'io teco anco ne piansi. Ma, il nieghi? Io giá maggior di me son fatta. Necessitá fa prodi anco i men forti.
Que' cavalier, che ognuno era superbo, scoppiavan per vergogna della gente, priegano e mandan preghi e dame e conti, e non c'è caso a far che il duca smonti. Un dí fu detto loro in un'orecchia: Volete voi che il duca si rimova? E' c'è una ballerina, volpe vecchia, che dispone del duca ad ogni prova. Ma per schizzare il mel da questa pecchia, oro bisogna in una borsa nuova.
Non so se ero intronato o se 'l cervello mi vacillava o se cosí mi penso o se qualcun mel fe' veder d'incanto, la sera inanzi a ier, che una persona per una scala entrò ne la fenestra che guarda l'orto ove era Lúcia. FRONESIA. Lúcia? FILOCRATE. Sí, Lúcia. E v'eri tu. FRONESIA. Io? FILOCRATE. Sí. Piú forte.
Me ne vado rispose Morella di una voce sorda. Ma ripetimi che tu mi ami, come mel dicevi testè ancora; dimmelo innanzi a quella donna, alla quale, se tu non sei che cugino, non debbe guari importare che tu mi ami e che io ti ami. Io sono gelosa. So che quella donna è virtuosa. Ma io non ò paura che della virtù, io. Il vizio mi rispetta. La virtù è audace, intraprendente, e scava degli abissi alla cheta. La tua cugina è bella, ma ella non ti ama come ti amo io. Ella
SQUADRA. Ogni cosa è difficile a chi fugge fatica, è bisogno porsi a pericolo chi vuole. Voi vorreste che Olimpia vi fusse portata in camera e vi fusse spogliata e posta in letto, e che un altro vi ponesse..., SQUADRA.... quasi mel facesti dire. TRASILOGO. Lascia parlar a me dove bisogna. SQUADRA. Bisogna por mano a fatti, non a parole, ché i fatti son maschi e le parole femine.
E giá mille altri han lasciato l'impresa, sol per esser la madre quel ch'ella è. Potria forse anco star; ché non è 'l primo miracol ch'abbia fatto, a' miei dí, l'oro. Ma non voglio che mai per mezzo mio faccia tal roffiania. TIMARO. Farei ancor peggio, per il padron, pur ch'ei mel comandasse. Che ne puoi perder tu? SIRO. Quello c'ho al mondo, servendo un fuor di senno e disperato. Ma ascolta.
Il buon vecchio sorridendo allora la ricercava perchè sì fortemente le tenesse di quello sconosciuto, e rispondendogli la Marcellina, ciò nascere dalla gratitudine che sentiva per la premura in quel dì usatale, dolcemente presala per la mano Oh figlia! questi occhi pur troppo si chiusero per sempre al giorno, ma io vedo il tuo volto innocente colorarsi di modesto rossore: mel dicono le tue parole interrotte, e questa mano che trema nella mia. La gratitudine è come la piet
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