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Non ti narro poi in quale stato di afflizione si trovino alcune classi sociali: primi i giornalisti, ma specialmente i cronisti. Esseri infelici, destinati a soffrire le più crudeli ansiet

Quelle, ch'eran cortine alle finestre, son or camicie a' miei figli infelici. Coltrici, drappi e fino alle canestre son ite al ghetto, pegno a quegli amici; altro non ho che miserie ed affanni e lo sperar che Dio mi tronchi gli anni.

Di questi infelici, ne conobbi, intimamente, due. Ora l'uno e ora l'altro mi raccontavano la loro paura di morire. Avevano una grande speranza nella clemenza di Vittorio Emanuele. E io li aiutavo a nutrirla. I loro nomi erano Alfonso Minetti e Carmine De Vito. Il primo aveva accoltellato il padrone a morte, e il secondo aveva fatto a pezzi una donna con la scure.

Ci ritirammo col cuore straziato, lasciando alcune monete a quelle infelici ragazze che ci ringraziavano piangendo.

Ma, in compenso di questa utilitá positiva che le mancò, la storia nostra può avere almeno una grande utilitá negativa; quella di farci vedere i piú numerosi, piú vari sperimenti che sieno stati fatti mai da niuna nazione di governi diversissimi, e tutti infelici; quella di dimostrarci cosí, quasi dall'assurdo, la bontá, la necessitá del governo rappresentativo.

Allor, posti in oblio gli usati orgogli, Sospirano infelici i lor più cari, E fuor che d'alti pianti, e di cordogli Non han contra la morte altri ripari; A quei flebili accenti arene e scogli S'accordan scossi da sanguigni acciari, E percossi da lunge, in voci meste, Rispondono ululando antri e foreste.

Non vi dirò in qual modo una semplice relazione divenne sincera amicizia, intrinsichezza anzi; benchè i nostri rapporti non abbiano mai assunto, ve lo giuro, il carattere dell'amore.... Entrambi eravamo infelici: io, per causa di un marito che mi aveva abbandonata per un'altra donna; egli, per ragione di una moglie infedele; ignoravamo entrambi se eravamo vedovi o liberi.

Si narra che la continua tirannide che esercitavano sui loro sottoposti sia stata la causa di tale perdita. Finchè il loro governo come una maledizione posò sui poveri sudditi, che riempivano le carceri, e spesso erano anche precipitati nei pozzi sotterranei della fortezza, i lamenti del popolo si alzarono alti e strazianti. Un caso segnò il momento della liberazione. Nel novembre 1454 quindici giovanetti schernirono per via due monaci e aizzarono contro loro dei cani: i fratelli del chiostro se ne lagnarono presso l'abate e la notte seguente questi mandò i suoi birri alle case ove abitavano i giovani, appartenenti alle più note famiglie del luogo, e al cader del sole la popolazione vide i quindici infelici impiccati alla forca, in un punto che anche oggi si chiama Colle delle Forche. Allora la popolazione si sollevò, assalì il chiostro, uccise i monaci, li precipitò dalle finestre nell'abisso, e devastò l'abbazia. In seguito a questo fatto, Callisto III, il 16 gennaio 1455, ridusse Subiaco in commenda e dispose che un cardinale ne godesse i ricchi beneficî, sotto il titolo di abate; ed il primo fu il dotto spagnolo Juan Torquemada, cardinale di Santa Maria in Trastevere, cui comandò di riformare l'ordinamento di Subiaco e di tutti i castelli dipendenti. Fu allora stabilito un nuovo statuto, secondo il quale ogni abate era obbligato al giuramento di governare rettamente innanzi ai membri della comunit

Alle piante cresciute su la sepoltura di amanti infelici, una canzone italo-albanese (La ballata di Angelina) attribuisce virtú miracolosa:

Ma...., come io diceva, la scena aveva luogo fra tre persone: imperocchè le orribili bestemmie del bigotto Basilio avevano fatto allontanare tutti gl'inservienti dello spedale; e siccome le celle circostanti erano vuote, così nessuno, oltre i due infelici, sentì quel monologo infame.