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Non ci avevamo scritto che poche lettere la nostra vita intima ci era ignota a vicenda. Pure Eugenio aveva un cuor buono, e in quelle giornate di solitudine, sconfortato dei miei affetti, timoroso di vedere distrutte le ultime corde armoniose del mio seno, pensai a lui con desiderio, e gli scrissi con abbandono.

EUGENIO. Ma sono tanto assassinato dalla sorte che vorrei incrudelirmi contro me stesso; e se fosse altri che mio padre, con le mie mani me lo torrei dinanzi. LELIO. Vogliam perciò disperarci? bisogna ovviar con qualche rimedio. EUGENIO. Cricca, speriamo in te: insegnaci ché siamo tuoi discepoli.

Mi parve che impallidisse, e stentasse alquanto a rispondermi; poi mi disse che Eugenio non gli aveva scritto da molto tempo. Siccome io mutai subito discorso, egli mi guardò in volto sospettoso, ma parve rassicurarsi. Non mi sfuggì quello sguardo e ne penetrai il senso però da quel punto ebbi fermo in mente che Raimondo mi celava un segreto. Un segreto!

EUGENIO. In poco tempo, vogando il remo la notte e il giorno. Che strada avete voi fatta al venir di Turchia? EUGENIO. Niuna, l'avemo ritrovate fatte. LAMPRIDIO. Che si fa, che si dice in Turchia? EUGENIO. Si fan mercanzie, palaggi e navi, e si dicono delle veritadi e delle bugie, come qui ancora. LAMPRIDIO. Mi risponde da filosofo. EUGENIO. E tu mi dimandi come se mi volessi dar la baia.

Il momentaneo sollievo da lei provato apprendendo che il suicida era Girolamo e non Eugenio ora quasi svaniva dinanzi alla considerazione che la morte del primo aveva, per la madre, conseguenze infinitamente maggiori.

No, no. Eugenio anzi si dispera di queste discordie... Ma in fondo egli parteggia per Girolamo... e così non dice una parola per appianar le cose... E ch'egli potrebbe far molto, perchè Girolamo ha un debole per lui, e gli d

Non ci volle molto a persuadere Eugenio Bardelli dell'opportunit

ARTEMISIA. Deh! lasciatemi piangere e morir ancora, perché non è persona tanto disperata che non abbia qualche speranza di sperare, eccetto io che non ho che sperare se non nella morte come solo rimedio de' miei mali. EUGENIO. Ah, signora, avendovi conosciuta sempre d'alto cuore, di gran fortezza e di eccelsa mente, come vi lasciate cosí vincere dal dolore?

EUGENIO. Veggio scoprire il mio sole: e come il sole sorgendo la mattina, vien il mondo a rischiararsi e farsi bello, che era dinanzi tenebroso e pien di orrore; cosí apparendo voi, mio chiarissimo sole, le tenebre e amaritudini del mio cuore tutte si fanno illustri, e mi riempie il cuore di dolcezza. ARTEMISIA. Siate il ben trovato, spirito dell'anima mia!

O che quei poveri occhi logorati dal piangere sarebbero stati in grado di decifrare una sillaba?... E se scriveva ad Eugenio come avrebb'ella potuto fingere che niente fosse accaduto fra loro? O come avrebbe potuto alludervi in una lettera non certo destinata a rimanere segreta?