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Ma nel 1152 Eugenio III v'installò i cistercensi che posseggono anche il bello e vicino convento di Trisulti; Federico II con un atto del 1221, datato da Veroli e che tuttora esiste, confermò i monaci di Casamari nel possesso de' loro beni; ma i suoi soldati distrussero il monastero allorchè l'imperatore la ruppe con Roma.

d'altra parte io era certo di non illudermi potevo aver scambiato i suoi sentimenti e falsatane la natura quell'apparente freddezza con cui ella accoglieva Eugenio, poteva essere un effetto indiretto d'un'altra causa ignorata.

E spingendolo innanzi a me con dolce violenza lo trassi nella prossima camera. Raimondo non aveva avuto tempo di riflettere, di conoscere l'inganno, che si trovava innanzi ad Eugenio. Lo guardò un istante più commosso che meravigliato; e si gettò piangendo nelle sue braccia. .... Ci inoltravamo taciti e mesti. Raimondo andava innanzi, Eugenio ed io a fianco l'un dell'altro. Nevicava.

Una vicina che la riconobbe in portineria la precedette per le scale, annunziò il suo arrivo, gettò lo scompiglio nelle donnicciuole che attorniavano la signora Marianna, pose in fuga Eugenio ch'era anch'egli presso la madre.

Clelia lottò un istante dentro di , poi nascondendo il capo fra le mani scoppiò in singhiozzi. Eugenio rialzò il capo, guardò Clelia, e poi me; passò ruvidamente la mano sugli occhi a detergervi le lagrime, e arrossì in volto come se vergognasse della sua debolezza. Da quel punto la conversazione languì.

Vuol servirsi di me per medicina del suo male, di me che sono inferma e ho bisogno di medicina per me stessa nella mia infermitá; ed io, misera! non so far altro che amaramente piangere, sospirare e consumarmi. EUGENIO. Datevi pace, ché forse Amore vi consolará. ARTEMISIA. Quel «forse» è una magra speranza.

Camminando su e giù per la stanza, apriva i giornali, le lettere, i dispacci, gettava nel cestino, o sulle sedie, o per terra le carte inconcludenti; poi, seguitando a camminare, dettava un telegramma, un biglietto a Eugenio Bardelli, che, seduto al tavolino con la penna in mano, aspettava gli ordini.

Ti dirò.... appunto.... Intanto, il segretario di prefettura ascendeva i primi scalini. Eugenio l'afferrò per le falde del soprabito, gridando al conte: Te ne supplico! che nessuno salga, se prima non ho parlato con te.

Immaginai Eugenio sulla tolda d'un bastimento veleggiare verso Civitavecchia e spingendo lo sguardo nell'orizzonte ricercare la terra che abbandonava e l'amico perduto. Io non gli aveva detto addio, non me l'ero stretto al cuore prima di lasciarlo partire avea così spezzato bruscamente quella catena affettuosa che stringeva da tanto tempo i nostri cuori.

EUGENIO. Siate la benvenuta, dolcissimo sostegno della mia vita! Mi par che siate di mala voglia. ARTEMISIA. E disperata ancora, poiché in tanto tempo non veggo favilla alcuna di luce con cui avvivi la speranza dell'esser vostra.