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Aggiornato: 27 giugno 2025
Citava anche Dante, il signor ministro, e lo chiamava «il nostro poeta.» Ah, di sicuro, la rivoluzione era nell'aria.
Il tesoro della sagrestia de’ belli arredi, ricordata da Dante, faceva in cotesto giorno bella pompa di sè sull’altare dell’antico patrono della citt
E siccome il nostro CHIABRERA avea pur dato opera agli studj sacri, compiacevasi molto del profeta Isaja, ch'è pure sommo poeta; e negli ultimi anni aveva in costume di portarlo seco insieme con Dante.
Firenze non fu buono Stato se si giudichi positivamente da sé, posciaché non asserí l'indipendenza compiuta, posciaché non ebbe armi proprie; ma Firenze fu senza dubbio il migliore Stato d'Italia dopo Venezia; e non merita né tutti gl'improperi di Dante, né tutti gl'inni di Sismondi. I Visconti erano sempre i maggiori principi d'Italia.
Certo io non affermo queste cose a Dante essere avvenute, ché nol so; comeché vero sia che, o simili cose a queste, o altre che ne fosser cagione, egli, una volta da lei partitosi, che per consolazione de' suoi affanni gli era stata data, mai né dove ella fosse volle venire, né sofferse che lá dove egli fosse ella venisse giammai; con tutto che di piú figliuoli egli insieme con lei fosse parente.
Furono in que' tempi piú uomini nell'arte metrica ammaestrati, li quali, sentendo che far si dovea al corpo di Dante una mirabile sepoltura, fecero versi per porre in quella, testificanti e la scienza e alcun de' piú memorabili casi di Dante, de' quali niun vi si pose per lo sopradetto accidente.
Io non sarei stato geloso di simpatie volute; ella, dopo la sua rappresentazione, avrebbe semplicemente ottenuto di allontanarmi da lei, e di farsi considerare piuttosto volgaruccia nelle sue trovate. Ho scritto come dettava dentro, rispose Gian Luigi. Secondo il sistema di Dante Alighieri, notai, sorridendo. È ancora discreto. Io non ho letto il tuo romanzo, perchè sono....
Scriverò adunque in istilo assai umile e leggiero, peroché piú sublime nol mi presta lo 'ngegno, e nel nostro fiorentino idioma, accioché da quello che Dante medesimo usò nella maggior parte delle sue opere non discordi, quelle cose, le quali esso di sé onestamente tacette, cioè la nobiltá della sua origine, la vita, gli studi e i costumi; raccogliendo appresso in uno l'opere da lui fatte, nelle quali esso sé chiaro ha renduto a' futuri.
Ergo temporaliter sub imperio omnes populi omnesque reges sunt, sicut sub papa sunt spiritualiter.» La stessa opinione di Dante amico suo, e legato con lui ne’ medesimi intenti.
Di tanti e sí fatti studi non ingiustamente il nostro Dante meritò altissimi titoli: percioché alcuni assai chiari uomini in scienza il chiamavano sempre «maestro», altri l'appellavan «filosofo», e di tali furono che «teologo» il nominavano, e quasi generalmente ogn'uomo il diceva «poeta», sí come ancora è appellato da tutti.
Parola Del Giorno
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