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Aggiornato: 24 giugno 2025


Suonano le tre, quando il signor Asdrubale spinge con lieve violenza il giovane nel caffè della stazione. Non vi è anima viva, tranne due camerieri ed un grosso micio che sonnecchiano. Vedendosi ancora faccia a faccia col suo avversario, col suo nemico, Donato sente come un impeto d'odio, come un'amarezza nuova, come uno spasimo indefinibile.

Un'altra sera, con passo maestoso, s'introducevano in un caffè e, con un mazzo di chiavine, battevano fortemente sopra una tavola. Un cameriere accorreva di corsa e chiedeva a Lucio Paglia: Che cosa beve il signore? Io nulla. E Alfonso Errera: A me pure: ma con acqua di Seltz.

La signora Trebeschi, da donna pratica e avveduta, aveva subito pensato che il conto del cameriere del Caffè del Teatro non doveva essere il solo debito di Giacomino, e che quel malvivente non aveva certo bevuto da solo tanto cognac, tanto marsala, per centocinquanta lire.

Incominciò il rinfresco; vini fini, pasticcerie, salumi, liquori, caffè, una gozzoviglia improvvisata, ma abbondante e saporita; tutto si consumava, tutto scompariva nelle bocche spalancate come voragini, i tavoli forniti di squisiti manicaretti restavano spogli come le campagne dopo il passaggio delle cavallette.

Sarebbe stato un disastro per la povera donna, che, pagata la pigione del suo quartierino, calcolava su quattrocento lire circa, per vivere tutto l'anno. Lei abitava un bugigattolo mezzo buio, con una cucinetta buia del tutto, nella quale l'unico fuoco che s'accendeva era la fiammella a spirito della macchina da caffè. Le sole camere chiare erano quelle che affittava.

Un qualche capiler al caffè, quando tu voglia leggere i giornali, una qualche corsa in omnibus.... Una qualche scampagnata cogli amici.... Ah! le scampagnate, mio caro, costano troppo. E poi, adesso vedi, è diventato quasi inutile l'andar in campagna. Abbiamo il nostro bel giardino pubblico. Io ci vado spesso e talvolta mi par proprio di essere in Svizzera sulle Alpi. Oh, diamine! Ma, e il teatro?

Gran bel Milano! esclama uno dei vecchi abituati del Caffè, il quale da cinque ore sta seduto in compagnia di alcuni buontemponi sulla porta di Occidente. Gran bel Milano! Per me, ho giurato di non uscir mai dalla mia citt

Il suo volto riflesso in quel momento da uno specchio che era di fronte a me, mi parve pallidissimo. Io abbandonai poco dopo quel caffè in preda a tristi pensieri. In quella sera stessa doveva aver luogo alla Scala una rappresentazione straordinaria.

Nondimeno Fortunata gli era gratissima dell'averle sacrificato la sua partita a scacchi al caffè della Vittoria, e per ricompensamelo faceva le viste di gustar molto i suoi pettegolezzi d'ufficio e consentiva a studiare sotto di lui il nobile giuoco, inestimabile conforto, diceva il conte, in tutte le tribolazioni della vita.

Ma una sua frase imprudente schiuse nel cervello di donna Eleonora il rubinetto dell'erudizione gastronomica, e non uno dei più valorosi mangioni, da Apicio a Brillat-Savarin, da Lucullo a Gioacchino Rossini, fu risparmiato allo sbalordito cavalier Cipicchia. Mancomale, verso le cinque venne il caffè.

Parola Del Giorno

quell'autorevole

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