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Aggiornato: 7 maggio 2025
Ad Alberto Errera. La cittaduzza era silenziosa e deserta in quel lunghissimo pomeriggio estivo; nelle sue strade grigie e ben allineate non appariva un viandante; i balconi delle sue case, alti, dal sesto antico, dalla incurvatura profonda, erano tutti chiusi; le porte brune, massiccie, costellate di chiodi, dal pesante martello di ferro, erano anche esse sbarrate. Invano il cielo si serenava, impallidendo; invano si appressavano chetamente le dolcezze del tramonto, invano giungeva il misterioso e malinconico momento della giornata tanto somigliante all'autunno, tanto somigliante al declinare della vita; i buoni provinciali non si curano di tutto ciò, nulla sanno di tramonti e preferiscono dormire in quelle ore, dormire di quel sonno pesante e morboso che lascia le membra spossate, la bocca amara e la mente confusa. Solo Silvia rimaneva seduta dietro i vetri del suo balcone: aveva rialzata la stretta tendina ingiallita, appuntandola con uno spillo per non lasciarla ricadere, ed immobile, le mani incrociate sulle ginocchia, la testa appoggiata allo sportello di legno, ella attendeva con pazienza che le ore trascorressero. Ma in quel posto non l'aveva attirata lusinga di gaio o di mesto spettacolo; Silvia non guardava nella strada, non rivolgeva gli occhi all'ultima linea di verde che confinava con l'orizzonte, nè li alzava al cielo crepuscolare: queste cose, come tutte le altre, non la interessavano o punto. Era venuta l
Un'altra sera, con passo maestoso, s'introducevano in un caffè e, con un mazzo di chiavine, battevano fortemente sopra una tavola. Un cameriere accorreva di corsa e chiedeva a Lucio Paglia: Che cosa beve il signore? Io nulla. E Alfonso Errera: A me pure: ma con acqua di Seltz.
Tranne il dormire, facevano tutto in comune. Parlo di due vecchi procuratori Lucio Paglia e Alfonso Errera i quali avevano saputo mettere da parte un bel po' di quattrini, tanto da godersi, nella pace beata dell'ozio, il resto della loro esistenza.
Era, per solito, in quell'oretta gioconda, che nel cervello di Alfonso Errera pullulavano bizzarrie originali, che tosto metteva in esecuzione, senza che il compagno gli si opponesse mai. Anzi, diventava il suo compare, il suo complice. Certe volte, entrava in tutti i negozi d'orologiaio per chiedere: Scusi: ce l'avrebbe una ventina d'ore pomeridiane, magari usate, ma da spender poco?
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