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Aggiornato: 9 maggio 2025


Vide delle faccie allegre. La grande festa del Natale aveva riempito gli animi di letizia. Gente andava a fare certi piccoli acquisti nelle pasticcerie, i soli ambienti aperti nella sacra giornata; andavano a fare delle visite, andavano in chiesa.

Appena la comitiva fu di ritorno in palazzo suonò il mezzo giorno: e quasi subito entrarono in una magnifica sala, ove venne servito un pranzo sontuoso. Ma l'atmosfera era per così dire fredda, glaciale. La conversazione languiva: nondimeno quel pranzo fu di una lunghezza interminabile, tanta era la copia dei cibi, delle bevande, delle pasticcerie.

Incominciò il rinfresco; vini fini, pasticcerie, salumi, liquori, caffè, una gozzoviglia improvvisata, ma abbondante e saporita; tutto si consumava, tutto scompariva nelle bocche spalancate come voragini, i tavoli forniti di squisiti manicaretti restavano spogli come le campagne dopo il passaggio delle cavallette.

Erano i giorni in cui non si faceva niente di bello, non si usciva a passeggio, non si andava a teatro, non si mangiavano i dolci nelle pasticcerie; e non perchè pioveva o nevicava, ma perchè il babbo aveva pochi quattrini o anche non ne aveva punti, e stava ad aspettarli.

Erano appena le undici e Mecheri, Ghino ed io mangiavamo delle paste in una bottega di faccia al teatro. Digione era piena di pasticcerie, dove si mangiavano dei pasticcetti eccellenti.

Parola Del Giorno

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