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Aggiornato: 22 giugno 2025
Suonano le tre, quando il signor Asdrubale spinge con lieve violenza il giovane nel caffè della stazione. Non vi è anima viva, tranne due camerieri ed un grosso micio che sonnecchiano. Vedendosi ancora faccia a faccia col suo avversario, col suo nemico, Donato sente come un impeto d'odio, come un'amarezza nuova, come uno spasimo indefinibile.
Questa volta vince, e si arrabbia di non aver arrischiato di più. «Dugento cinquanta.» «Dugento cinquanta,» ripete il signor Asdrubale come un eco, intanto che distribuisce le carte; e non faccia complimenti, caso mai il fante di picche non le accomodasse... scelga lei...
A Donato riesce finalmente di far capire con un mugolio che egli è indifferente a qualsiasi maniera di gioco; aggiungerò per debito di giustizia che in così dire egli si guarda intorno e che, se avesse in faccia l'uscio, forse pianterebbe in asso il signor Asdrubale. Intanto due o tre curiosi gli si sono stretti intorno per assistere alla partita.
Per la prima volta, dacchè si è seduto in faccia al signor Asdrubale, Donato gira l'occhio intorno; l'ampia sala brulica di gente affannosa; dal tavoliere di Valente si stacca ogni tanto uno che si rasciuga la fronte e stropiccia la pezzuola, e stringe le labbra nascondendo male il dispetto. Nè Donato scampa a quella miserabile vanit
Così sembrano parlargli il sorriso bonario e la dolce insistenza del signor Asdrubale per fargli accettare il denaro. E Donato accetta, beve il latte caldo, risponde a monosillabi alle chiacchiere del compagno, spinge l'occhio nel buio della sua mente quanto più gli riesce, cerca un'idea.
Donato si rizza in piedi, finge di ravviarsi i capelli innanzi allo specchio, abbozza un sorriso a due o tre camerati, esce a passo fermo colla desolazione nel cuore ed il signor Asdrubale dietro. Uno degli orologi più frettolosi di Milano batte la mezz'ora, un altro gli risponde e dieci altri. Donato cammina un breve tratto a gran passi, poi rallenta l'andatura.
Alla mattina del Santo Stefano, il piovano di , che aveva da' suoi antecessori ereditato l'obbligo di benedire a Natale li defonti del palazzo, perchè un marchese Asdrubale aveva lasciato, con decima di miglio, di avena, di frumento, un beneficio alla confraternita della Buona Morte, alla mattina un poco tarda, il piovano, aprendo con una chiave irrugginita la cappella sepolcrale, trovava sulla pietra un uccelletto morto di freddo, lo spazzava via con una pappuccia, e, guardando per un corritoio una fuga di saloni e di saloni, incominciava a dire, stringendosi nelle spalle: Requiem æternam dona eis, Domine....
Ella, con rispetto parlando, è al verde; si capisce, quando si è studenti non si possono pagare cinquemila lire da un momento all'altro senza trovarsi un po' dissestati... Non è così? È così, è assolutamente così; e come dir di no, quando quell'adorabile signor Asdrubale mette un garbo tanto persuasivo ed una bonariet
Eccolo innanzi al tavoliere.... gli tremano le gambe, gli batte il cuore. Qual mano gli si posa sulla spalla a trattenerlo? Volta la faccia impallidita.... è il signor Asdrubale, col farsettone nero abbottonato da cima a fondo, col nodo della cravatta a sghimbescio, col sorriso bonario sulle labbra.
La vecchia tornava nella buca: e il marchese Asdrubale scagliava via l'anello. O rampichino, o rampichino timido e santo, quand'esci all'alba dal palazzo e per i rami dei carpini ti avvii giù l
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