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GIACOMINO. Veramente, quando a te piace, non hai par in astuzia e diligenza. CAPPIO. Andrò ad attendere al fuoco e a vestirmi da tedesco. GIACOMINO. Ed io attenderò ad accomodar la taberna. SPAGNOLO. ¡Oh cuanto mejor querria llegar á una venta adonde pudiese descansar esta noche, que estoy tan cansado que no puedo más menearme!

Tu non rispondi? È morto. Aiuto, aiuto! Arme, arme! Fuori! ché gli è stato morto, qui, Pilastrino. Accennami col dito se ancor sei vivo. PILASTRINO. Oh! oh! oimè meschino! FILENO. Non c'è mal, non c'è mal. PILASTRINO. Ben... ben sapeva ch'oggi m'avea a venir qualche disgrazia. S'io campo, faccio voto di vestirmi pinzocora del terzo ordine. Oimei! oh! che m'esce il fiato.

Quanta poesia! esclamò la principessa in tono aspro. Caro Onorati, lei ha un bel vestirmi da eroine le sue plebee, tanto non riuscir

«Mi piace che mi diate del tu. E poi sono inavvezza all'imperativo. Nessuno mai mi dice: Fa così. Va via. Vieni qui. Va . E mi piace sentirmi mite e spaventata e forzata a obbedire. «~Vieni qui!~ Subito mi pare di dover volgere timidi occhi in cerca del mio cappello e dei miei guanti, e mi domando come debbo vestirmi per il viaggio! Sono molto simpatica in viaggio.

Il biglietto diceva: Vieni subito. Quella sera c’era ballo a Corte; ammalatosi il primo violino, la contessa mi aveva proposto surrogante vantandomi per eccellentissimo; bisognava far le prove e improvvisarsi un vestimento. Dalle prove uscii trionfante; a vestirmi pensarono la mia protettrice e le sue cameriere sicchè all’ora del ballo ero lindo, attillato, imparruccato e galante come un signore.

Aspetta? suonate dunque, Antonelli; fate allestire la carrozza, e vengano a vestirmi. Antonelli suonò il campanello, e diede degli ordini al camerario. Baldoni si avvicinò intanto al Papa, e gli disse a bassa voce: Se prima di uscire Vostra Santit

O bello inganno, ben veramente mostra esser uscito dal suo ingegno divino! MASTICA. Non piú, basta: non l'hai letta, vuoi tu leggerla un'altra volta? LAMPRIDIO. Deh, lasciami leggere tutto oggi, ché mentre leggo questa parmi che ragioni seco! MASTICA. Fermati, dove vai? LAMPRIDIO. Vo a casa di Giulio a trovar le vesti per vestirmi da turco e venir or ora a casa vostra. MASTICA. Ascolta, aspetta.

Ah! certo, questo far posso voglio; anzi, penso io stessa trovarlo. E perché non mi è lecito da omo vestirmi una sol volta e trovar lui, come esso, da donna vestito, spesso è venuto a trovar me? Ragionevol è. Ed egli è ben tale che merita che questa e maggior cosa si faccia per lui. Perché far nol devo? perché non vo? perché perdo io la mia giovinezza?

Ho 52 anni, sono alto e grosso e mi tocca mangiare la razione comune, la razione della gente mingherlina, piccola, senza il mio apparecchio digestivo! È vero o non è vero che c'è voluto più stoffa per vestirmi? È vero o non è vero che c'è il supplemento al vitto per gli uomini della mia proporzione anche nelle caserme? È dunque naturale che mi si dovrebbe trattare con una dieta diversa.

ESSANDRO. So che, disponendoti d'aiutarmi, posso promettermi dal tuo ingegno quanto desidero. PANURGO. Pensi che sieno finite le stampe di quei Davi e Sosi e di quei Pseudoli delle antiche comedie? Or stammi di buona voglia. ESSANDRO. Andiamo a casa tua, che vo' vestirmi da maschio, ché oggi la vo' finir con Cleria: tentar prima l'animo suo e palesarle il tutto, poi seguane quel che si voglia.