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Il nobile savoiardo disegna con matita di rosa il paesaggio che il viaggiatore inglese avea disegnato col carbone; ma la matita di rosa non illumina la scena; e resta di fatto: che se non c’era una proibizione ufficiale di lumi, c’era una consuetudine per la quale carrozze, sedie volanti ed altri veicoli uscivano a lumi spenti nell’allegra piazza. Mutate le parole, le cose suppergiù restano. Nell’Archivio del Comune, a farlo apposta, non siamo riusciti a trovare documento di un solo fanale in quella piazza. Altri forse lo trover

E stanco di aspettare, partì il 23 per andare incontro al compagno. Giunse il 25 alla Gran Canaria. Martino Alonzo Pinzon non v’era giunto che il giorno prima, e stentatamente; udendo da quegli abitanti che la nave c’era stata, ma che da parecchi giorni ne era partita, si sapeva per dove.

Questo racconto di Giuliano e il discorso da lui tenuto sono uno degli episodi più curiosi e più istruttivi di questo libriccino pur tutto così interessante. Povero entusiasta! Che disinganno profondo doveva essere il suo davanti all’evidenza dei fatti ed alla prova luminosa del completo insuccesso del movimento di restaurazione da lui tentato. Il Politeismo era morto e non c’era più nobilt

C’era una monaca:

Sul principio, Jacques, nei punti più ardui si voltava e mi porgeva la mano, ma fresco di forze avevo respinto l’aiuto, orgoglioso di cimentarmi colla dura montagna. Allora l’amico s’era messo a camminare per suo conto, abbandonandomi al mio destino. Pericolo di vita non c’era mai, ma quel vederlo su in alto mi faceva un dispetto acerbo.

Ecco perchè egli comprava legname; voleva compire le stanze dalla sua parte; non c’era che da rivestire di tavole le pareti e da fare gli usci e le imposte; egli aveva gi

e le mie luci, ancor poco sicure, vider Beatrice volta in su la fiera ch’è sola una persona in due nature. Sotto ’l suo velo e oltre la rivera vincer pariemi più stessa antica, vincer che l’altre qui, quand’ ella c’era. Di penter mi punse ivi l’ortica, che di tutte altre cose qual mi torse più nel suo amor, più mi si nemica.

C’era in lei, nella luce della sua carne, forse nel colore de’ suoi lineamenti, un non so che di pericoloso e d’innocente, una bellezza perfetta e funesta, torbida e scintillante, che formava, tra la luce de’ suoi capelli, un’aureola di splendore, la isolava dalla folla, quasi cancellava intorno al suo volto la confusione di tutte l’altre fisionomie.

Non molti anni addietro, sulla strada che sale a Fenis di qua dal ponte, c’era un vecchio uomo che faceva giorno e notte la guardia ad un grosso serpe. Il serpe non dava fastidio ad anima viva, stava tutto il giorno a crogiolarsi al sole sul muricciolo che fiancheggia la strada e la notte si rannicchiava per la petraia.

Non c’era caso d’aver ragione con quell’implacabile scrutatore delle umane miserie. Metilde si fece buona, alzò le mani congiunte in atto di preghiera verso il medico, e cogli occhi velati di pianto, gli disse: