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La voglio; anzi ti dirò che se non me la davi, me la pigliavo lo stesso; però rinunzio alla dote, e pretendo che ti persuada, ma ti persuada proprio, che i maligni... tu non mi vuoi dire chi sono? no? meglio; voglio farti persuaso che ho testato per burlarmi di tutti voi, e che ora sono pentito e oggi stesso pregherò il notaio Cipolla di darmi il testamento per stracciarlo alla presenza dei legatarii.

E tu, lingua mia frale, che giá spesso, ne l'alte sue lodi, cantando, davi a le acerbe mie pene alleggiamento ed a le fiamme lena, or quanto mai ne l'onorato nome spende tue forze; che 'l vivo lume veggiam dritto poggiar verso le stelle onde discese. FILENO. Vorrei che finissi, Crisaulo, oramai lunga predica; e mi partissi cosí gran piacere quanto tu non capisci.

Ah! « sclama Gregorio mordendosi le labbra e convellendosi nella persona per reprimersi » tu dunque gliene davi il consiglio? Ben facesti, Alberada, concubina del priore di Lacedonia, ben facesti. Appartatevi dunque; e tu abate di Cluny, fa perchè si rechi qui il castellano della Mole d'Adriano. I due legati escono, ed il camerario introduce Gisulfo principe di Salerno.

Biasmo gagliardo quindi al giovin davi Che ti dicea suoi forsennati amori; E l'atterrarsi, codardìa nomavi, Sotto qual siasi incarco di dolori; E sua vita serbar gli comandavi Per la piet

Il Carnevale di gennaio e febbraio aveva una ripresa in autunno col Pirro re d’Epiro del Zingarelli, con La Serva padrona e con gli Zingari in fiera del Paisiello; e nel Carnevale seguente, passato clamoroso per gli applausi riscossi dalla prima donna Anna Davì o Davya piemontese, la quale, benchè attempatella, nella Zenobia in Palmira di Pasquale Anfossi cantava con grazia ed eccellenza singolare.

ESSANDRO. So che, disponendoti d'aiutarmi, posso promettermi dal tuo ingegno quanto desidero. PANURGO. Pensi che sieno finite le stampe di quei Davi e Sosi e di quei Pseudoli delle antiche comedie? Or stammi di buona voglia. ESSANDRO. Andiamo a casa tua, che vo' vestirmi da maschio, ché oggi la vo' finir con Cleria: tentar prima l'animo suo e palesarle il tutto, poi seguane quel che si voglia.

Onde il Meli, attempatello anche lui, improvvisava la odicina intitolata: Li Grazj. Sai, bella Veneri, Sai tu pirchì Li Grazj currinu A la Davì? Pri fari vidiri Chi ad idda sta Rendiri amabili Qualunque et

Poco sará se l'aprirò il petto con le mie mani e ne strapperò quel cuor malvagio e traditore; farò che il mio amar a molti ritorni amaro. O Dulone, or conosco gli avisi che tu mi davi, ch'eran d'un buon servo e amorevole! Sia io fatto in mille pezzi, se non me ne pagherá e se di lui non ne farò qualche funesta tragedia! BALIA di Cintia, CINTIA.

E io che avevo sperato di pacificare le loro vecchie discordie! Si contendono a fucilate il Sinrun, prima di averlo rubato. Nicassa è feroce, anche coraggioso, ma cretino. Cosa mai spera di fare, col Sinrun? Nicassa è ambizioso e cocciuto. Tu gli davi ombra.