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Di pentelici marmi, in su la cima, L'inconcusso delúbro alto sorgea, E d'opre egregie e sagrificî opima Ivi ebbe l'ara la terribil dea: Fra l'argive falangi inclita e prima Sovente essa l'invitta asta scotea; E al lampo sol del venerando aspetto Venía prode ogni vil, rupe ogni petto.

Ah! puoi tu tanto affligger donna, che cosí t'adora? NER. Cieca ella ognor di gelosia non giusta, veder non vuole il vero. Amo lei sola... TIGEL. Gliel dissi io pur; ma chi calmar può meglio le fere angosce di timor geloso, che ríamato amante? A lei, deh, cela quella terribil maestá, che in volto ti lampeggia.

Mentre così dicea, volge animoso Lo sguardo acceso di terribil lume, E su l'elmo scotea cimier pomposo Di fregi d'oro, e di purpuree piume; Sembra fra' suoi seguaci olmo frondoso, Che trema i verdi rami in ripa al fiume Sotto Aquilon. Folco godea, che 'l vede Fiero cotanto; indi moveva il piede.

Rugger mostrossi irato nel sembiante, e disse: O Dio, quando averò mai posa? Non mi potete dar maggior sciagura di questa ch'ora provo piú dura. E terribil volgendosi a Marfisa, disse: Aprite gli orecchi a quel ch'io parlo.

30 La forza del terribil Rodomonte, quella di Mandricardo furibondo, quella del buon Ruggier, di virtù fonte, del re Gradasso, famoso al mondo, e di Marfisa l'intrepida fronte, col re circasso a nessun mai secondo, feron chiamar san Gianni e san Dionigi al re di Francia, e ritrovar Parigi.

Le variopinte tue divise ancora Vidi e le piume e i kolbacchi di pelo, Che scongiurar una terribil ora, Eugenio, quando respinta dal cielo Roma tremò che non vedesse il corno Della fatal mezzaluna e gridò. Ma da Belgrado non fe' più ritorno Chi la tua spada, o Savoia, provò.

La pompa e l'ira onde a pugnar si mosse Ratto al grande AMEDEO fisse in pensiero, Che pur de i Turchi il gran tiranno ei fosse: E contra andogli oltra ogni creder fiero. Turacano da lunge aspro 'l percosse, Che molto al corso rimanea sentiero Quando fece volar terribil ferro, Onde in punta s'armava asta di cerro.

Che atro nembo di polve alza a le stelle, Che ne gli antri profondi agita l'ira Del vasto mar, che le foreste svelle, Ed isvelte su turbini le gira. Come il vulgo infedel tante procelle Contra volte e 'l folgorar rimira, Smarrisce il cor. Ma più terribil stringe AMEDEO l'armi, e contra lor si spinge.

Egli ha pallido il volto, e gli occhi fieri; E in tutti gli atti, e movimenti suoi, Del terribil vieppiù che dell'umano. MARIANNA, tragedia antica. Venite, ed ammiriamo le glorie della creazione su le ultime sponde dell'oceano.

«Che ti giovar gli stolidi Del Nazareo costumi? Se brami scampo, ossequio Presta ad Augusto e a' numi: Mira per quei che agl'idoli Incenso negan dar, Mira i parati eculei, Mira i flagei d'acciar». Non si smentì nell'ansia Della terribil ora; Mostrò come un Apostolo Opri, patisca e mora: Al giudice, a' carnefici Perdono oppose e amor, Ed il sublime esempio Nobilitò altri cor.