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Dica pure, dica pure; rispose Gino; aggiunga, per altro, che non mi lagnerò, se mi richiamano a casa. Capisco, ed anche in tempo utile per assistere ad una rappresentazione della Sonnambula; non è vero, signor conte? Questo mi par difficile, non glielo nascondo; ma creda pure che dal canto mio gliel auguro di tutto cuore. La mia servitù! Gino stese la mano al signor commissario.

Ma Gregorio da lui poi si divise; onde, tosto come li occhi aperse in questo ciel, di medesmo rise. E se tanto secreto ver proferse mortale in terra, non voglio ch’ammiri: ché chi ’l vide qua gliel discoperse con altro assai del ver di questi giri». Paradiso · Canto XXIX Quando ambedue li figli di Latona, coperti del Montone e de la Libra, fanno de l’orizzonte insieme zona,

E, partitesi l'una da l'altra, Fronesia si pensa di non cercar piú Filocrate ma fare, in favor di Crisaulo, uno inganno a Lúcia. ARTEMONA. Che farai, vecchia? Vuoi dare a Crisaulo questa cattiva nuova? Io veggio certo che non si fa per te. Gliel dirò pure; ma in destro modo. E vo' veder s'io posso farlo suonar di qualche bolognino per riavermi di quella paura che m'ha fatto colei.

OTTAV. Entro mie vene serpe giá un fero tosco... NER. E donde?... POPPEA Or mio davvero, Neron, tu sei. NER. Donde il velen?... Tu menti. TIGEL. Creder nol dei; severa guardia... SENECA E puossi deluder guardia; e il fu la tua. Gli Dei scampo ai giusti non niegano. OTTAV. Mi uccide il tosco in breve; e tu il vedrai: pietoso ecco chi 'l diede; anzi, a dir ver, gliel tolsi.

........ non so ben, se ’ntero è conosciuto L’alto disio che messo m’hai nel petto, la mia intera fede, Da costei, che possiede la mia mente, che io non torrei Pace fuor che da essa, vorrei. Perch’io ti prego, dolce signor mio. Che gliel dimostri, e facciale sentire Alquanto del tuo foco In servigio di me; ché vedi ch’io Gi

Le due amiche, guardandosi in volto, convennero di reprimere decisamente il dolore che loro arrecava il dire di Angiolina; gliel promisero, ed ella continuò: Voi certamente avrete fin d'ora creduto che non vi potessero essere per me sciagure più tremende di quelle che conoscete; ma v'ingannate. Sappiatelo, , sappiatelo.... io pure sono madre!...

Ha premura; incalzò il ragazzo, Se ne vada, allora; potevi dirgli che ci ho forastieri. Se gliel ho detto! Ma egli vi vuole ad ogni costo. Ha da essere un pezzo grosso, il vostro messer Giacomo! notò il Picchiasodo. Va dunque e vedi di contentarlo.

Ma distendi oggimai in qua la mano; aprimi li occhi». E io non gliel’ apersi; e cortesia fu lui esser villano. Ahi Genovesi, uomini diversi d’ogne costume e pien d’ogne magagna, perché non siete voi del mondo spersi? Ché col peggiore spirto di Romagna trovai di voi un tal, che per sua opra in anima in Cocito gi

Ah! puoi tu tanto affligger donna, che cosí t'adora? NER. Cieca ella ognor di gelosia non giusta, veder non vuole il vero. Amo lei sola... TIGEL. Gliel dissi io pur; ma chi calmar può meglio le fere angosce di timor geloso, che ríamato amante? A lei, deh, cela quella terribil maestá, che in volto ti lampeggia.

È giusto; disse il signor Prospero, è giusto. Gliene parlerò, appena saremo tornati da questo viaggio. Questo viaggio! esclamò il sottoprefetto. O dove? Come? Non gliel ho ancor detto? Ero venuto a bella posta per prendere congedo. Veda un poco dove ho la testa! E dove va? tornò a chiedere il sottoprefetto, senza curarsi più che tanto di vedere dove avesse la testa il signor Prospero.