United States or Macao ? Vote for the TOP Country of the Week !


Dopo due ore ricomparvero l'Ambasciatore, Sid-Mussa, il gran sceriffo e tutti gli ufficiali; ci fu uno scambio interminabile di strette di mano, di sorrisi, d'inchini, di saluti, di cerimonie, che pareva si ballasse una contraddanza; e finalmente, passando fra due lunghe ali di servi attoniti, s'uscì.

Fummo ricevuti alla porta da uno stuolo di servi arabi e neri, ed entrammo in un giardino chiuso da alti muri, in fondo al quale, sotto un piccolo portico, aspettava Sid-Mussa, circondato dei suoi ufficiali, tutti vestiti di bianco.

L'Ambasciatore ha frequenti abboccamenti con Sid-Mussa. Il suo intento principale è d'ottenere dal governo dei Sceriffi delle concessioni che agevolerebbero certi commerci fra l'Italia e il Marocco: di più non mi è lecito dire. Gli abboccamenti durano più di due ore; ma il discorso non si aggira che brevissimo tempo sulle questioni che ne sono lo scopo, poichè il ministro, seguendo un uso che par tradizionale nella politica del governo marocchino, non entra in materia che dopo aver divagato su mille soggetti estranei, e quando proprio ci è tirato per forza. Parliamo ancora un po' di cose divertenti! dice quasi in tuono di preghiera. Il tempo, la salute, l'acqua di Fez, le propriet

Sid-Mussa non ha il titolo di gran vizir, di ministro, di segretario; si chiama semplicemente Sid-Mussa; è nato schiavo; è un mancipio del Sultano, che domani può spogliarlo d'ogni suo avere, cacciarlo in fondo a una prigione o fare appendere il suo capo ai merli di Fez, senza renderne conto a nessuno; ma è nello stesso tempo il ministro dei ministri, l'anima del governo, la mente che tutto abbraccia e tutto move dall'Oceano alla Muluia e dal Mediterraneo al deserto, e dopo il Sultano il personaggio più famoso dell'Impero. Si può dunque immaginare la curiosit

Il Sultano ha ricevuto l'Ambasciatore in udienza privata. La sala dei ricevimenti è grande, bianca e nuda come una prigione. Non v'è altro ornamento che un gran numero di orologi a pendolo, di tutte le dimensioni e di tutte le forme, in parte schierati sul pavimento, lungo le pareti; in parte ammucchiati sopra una tavola, in mezzo alla sala. Gli orologi, è da notarsi, sono per i mori un oggetto principalissimo d'ammirazione e di divertimento. Il Sultano stava dentro una piccola alcova, seduto, colle gambe incrociate, sopra un palco di legno, alto un metro. Aveva indosso, come al ricevimento pubblico, una cappa bianchissima, il cappuccio sul capo, i piedi nudi, le babbuccie gialle in un canto e un cordone verde a traverso il petto, al quale doveva essere appeso un pugnale. In questa forma gl'Imperatori del Marocco ricevono tutti gli Ambasciatori: il loro trono, come disse il Sultano Abd-er-Rhaman, è il cavallo e il loro padiglione il cielo. L'Ambasciatore, avendone prima manifestato il desiderio a Sid-Mussa, trovò dinanzi al palco imperiale una modesta seggiola, sulla quale, a un cenno del Sultano, sedette; il signor Morteo, interprete, rimase in piedi. Sua Maest

Scomparso il Sultano, si confusero le due schiere dei grandi personaggi, e vennero verso di noi Sid-Mussa, i suoi figliuoli, i suoi ufficiali, il ministro della guerra, il ministro delle finanze, il gran sceriffo Bacali, il grande cerimoniere, i più grossi pezzi della corte, sorridendo, vociando, agitando le braccia in segno di festa. Poco dopo, avendo Sid-Mussa invitato l'Ambasciatore a riposarsi in un giardino del Sultano, si montò tutti a cavallo, si attraversò la piazza, s'infilò la stradicciuola misteriosa e s'entrò nell'augusto recinto del quartiere imperiale. Vicoli fiancheggiati da alti muri, piazzette, cortili, case in rovina, case in costruzione, porte ad arco, corridoi, giardinetti, piccole moschee, un labirinto da perderci il capo, e per tutto operai affaccendati, schiere di servi, sentinelle armate, e qualche viso di schiava dietro le inferriate delle finestre e agli spiragli delle porte: non si vide altro. Non un edifizio di bella apparenza, altra cosa, fuor delle guardie, che indicasse l'abitazione d'un Monarca. Entrammo in un giardino vasto ed incolto, tutto viali ombrosi incrociati ad angolo retto e chiuso da mura altissime come il giardino d'un convento, e di l

Nove giugno: ultimo del soggiorno dell'Ambasciata italiana in Fez. Tutte le domande dell'Ambasciatore sono state esaudite, accomodati gli affari del Ducali e dello Scellal, fatte le visite di congedo, subíto l'ultimo pranzo di Sid-Mussa, ricevuti i regali d'uso del Sultano: un bel cavallo nero, con una enorme sella di velluto verde, gallonata d'oro, all'Ambasciatore; sciabole dorate e damascate ai membri ufficiali dell'Ambasciata; una mula al secondo dracomanno. Le tende e le casse son partite stamattina, le stanze son vuote, le mule son pronte, la scorta ci attende alla porta della Nicchia del burro, i miei compagni passeggiano nel cortile aspettando l'ora della partenza, ed io seduto per l'ultima volta sul mio letto imperiale, noto, col quaderno sulle ginocchia, le mie ultime impressioni di Fez. Quali sono? Che cosa ha finito per lasciarmi, in fondo all'anima, lo spettacolo di questa citt

Due giorni prima del ricevimento solenne, fummo invitati a colezione da Sid-Mussa.

Scambiati i complimenti d'uso, fummo condotti nella sala della mensa, ch'era da un altro lato del giardino. Sid-Mussa, giusta il suo costume, non venne. La sala della mensa era, come l'altra, decorata di tappeti rossi e verdi.

Quando ci alzammo da tavola, venne un ufficiale ad annunciare all'Ambasciatore che Sid-Mussa stava dicendo le sue preghiere, e che appena finito, avrebbe con grandissimo piacere conferito con lui. Subito dopo comparve un vecchio tutto tremante, sorretto da due mori, il quale afferrò le mani all'Ambasciatore e gliele strinse furiosamente dicendo con grande concitazione: Benvenuto! Benvenuto! Benvenuto l'Ambasciatore del Re d'Italia! Benvenuto fra noi! Bel giorno per noi! Era il gran sceriffo Bacali, uno dei più potenti personaggi della corte e dei più ricchi proprietari dell'Impero, confidente del Sultano, possessore d'un grande arém, malato da due anni di dispepsia; il quale rallegra, si dice, gli ozî del suo Signore con motti arguti e atteggiamenti comici; facolt