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Ella è persuaso, padre, che il disgraziato sia veramente impazzito? , e credo che lo stesso sceriffo ne sia convinto, ma ha dovuto rimettersi al giudizio superficiale dei due medici che non parlano l'italiano e che non capivano perciò quello che Cornetta diceva. Ritornammo al carcere verso mezzanotte.

Lo sceriffo ci permise di vedere il Cornetta, ma non volle che alcuno gli parlasse. Appena lo salutammo, il condannato, pallido, cogli occhi stravolti, si affacciò alle sbarre della porta e ci guardò fissi: non mi riconobbe. Come va, Angelo? gli dissi in italiano. Egli salutò col capo, fu agitato da un tremito nervoso e strinse convulsivamente i ferri della porta.

Solo quando il giudice gli disse che doveva essere giustiziato il giorno 11 maggio successivo: Me not die! esclamò il prigioniero col suo orribile inglese. Io non morirò! E mostrò al giudice il crocifisso. Si dovette usare la forza per farlo uscire: tirava calci, mordeva sceriffo e policemen con ferocia bestiale, facendo fuggire tutti gli astanti impauriti.

Quando ci alzammo da tavola, venne un ufficiale ad annunciare all'Ambasciatore che Sid-Mussa stava dicendo le sue preghiere, e che appena finito, avrebbe con grandissimo piacere conferito con lui. Subito dopo comparve un vecchio tutto tremante, sorretto da due mori, il quale afferrò le mani all'Ambasciatore e gliele strinse furiosamente dicendo con grande concitazione: Benvenuto! Benvenuto! Benvenuto l'Ambasciatore del Re d'Italia! Benvenuto fra noi! Bel giorno per noi! Era il gran sceriffo Bacali, uno dei più potenti personaggi della corte e dei più ricchi proprietari dell'Impero, confidente del Sultano, possessore d'un grande arém, malato da due anni di dispepsia; il quale rallegra, si dice, gli ozî del suo Signore con motti arguti e atteggiamenti comici; facolt

La sentenza di morte gli era stata letta alla vigilia, in italiano e in inglese, senza che egli la comprendesse, cosicchè quella mattina lo sceriffo e le guardie non avevano altro da annunziare al condannato che l'ora dell'esecuzione; e lo fecero; ma il Cornetta protestò che mentivano e dichiarò che li avrebbe fatti arrestare!

Legato e rinchiuso nella cella, ora dava in terribili smanie, imprecando contro lo sceriffo e rifiutando di cibarsi; ora stava sdraiato, immobile sul letto, e ricusava i conforti religiosi mentre continuava a tener sempre con il crocifisso.

Dopo due ore ricomparvero l'Ambasciatore, Sid-Mussa, il gran sceriffo e tutti gli ufficiali; ci fu uno scambio interminabile di strette di mano, di sorrisi, d'inchini, di saluti, di cerimonie, che pareva si ballasse una contraddanza; e finalmente, passando fra due lunghe ali di servi attoniti, s'uscì.

Il nero era una specie di fattore del vecchio gran sceriffo Bacali, uno dei più potenti personaggi della corte di Fez, proprietario di molte terre nei dintorni d'Alkazar. L'arabo era un uomo della campagna. La loro lite durava da un pezzo. Il nero, forte della protezione del suo padrone, aveva fatto più volte incarcerare e multare l'arabo accusandolo, e sostenendo l'accusa con molte testimonianze, d'avergli rubato cavalli, bestie bovine, derrate. L'arabo, che si diceva innocente, non trovando nessuno che osasse pigliar le sue difese contro il suo persecutore, un bel giorno aveva abbandonato il suo villaggio, era andato a Tangeri, aveva chiesto quale fosse l'Ambasciatore più generoso e più giusto, e inteso nominare l'Ambasciatore d'Italia, era andato a sgozzare un agnello davanti alla porta della Legazione, chiedendo in questa forma sacra a cui non si può opporre un rifiuto, protezione e giustizia. L'Ambasciatore l'aveva esaudito, s'era intromesso per mezzo dell'agente di Laracce, s'era rivolto alle autorit

Il cielo era nuvoloso; minacciava di piovere. Continuava a entrar gente, e alle sette c'erano nel cortile quasi quattrocento persone, mentre la sera innanzi lo sceriffo aveva detto che trattandosi di un pazzo come il Cornetta, non avrebbe accordato più di cinquanta permessi.

Il boia salutava alcuni amici vicino alla forca. Da una tasca gli usciva un pezzo del laccio destinato al Cornetta. Pochi minuti prima delle sette e mezzo giunsero gli undici deputati sceriffi della Contea e furono introdotti nel carcere. Allora il capo sceriffo s'affacciò al cancello di ferro che dava sul cortile e chiamò il boia e il suo assistente. Erano le sette e mezzo precise.