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DOTTORE. Son rovinato ben io. MANGONE. Ho perduto cinquecento ducati. DOTTORE. Ho perduto l'innamorata. MANGONE. Son punito delle beffe che m'ho fatto di lui. DOTTORE. Come t'hai lasciato ingannare? MANGONE. Non son stato ingannato altrimente da lui, ma ben da un raguseo il qual m'ha portato un schiavo a vendere, che, or che vi penso bene, avea tutte le fattezze di Pirino.

DOTTORE. Sai tu come si chiamava quel raguseo? MANGONE. bene, Rastello Fallatutti di Monteladrone. DOTTORE. Se ti disse che si chiamava Rastello, ché ti rastellava, e Fallatutti, ché fallava e ingannava tutti, come non ti guardavi che non fallasse ancor te? MANGONE. E il suo fattore si chiamava Rampicone di Maltivegna. DOTTORE. Venghi il malanno a te e a lui; ma il mal t'è venuto.

MANGONE. Or che avete voglia di schiavi: farete che non desini questa mattina per star sollecito al vostro fatto. Vedrò che si fa in casa, e poi tornerò al Molo. FORCA. Noi avemo il bisogno: ecco le vesti per vestirsi da raguseo; ecco quelle per lo schiavo, son ricche e pompose: almeno, se non per la persona, lo torrá per le vesti. Ecco i barilotti, i formaggi e i confetti.

MANGONE. Tieni, tieni! PANFAGO. Lasciatelo andar in malora, che si rompa il collo! FILACE. Ecco il bastone. MANGONE. Vieni con l'armi dopo la rotta! Io vo' andare a trovare il raguseo, chiarirmi del tutto e ricuperar il mio; tu resta guardiano della casa. DOTTORE. La dovevi far guardar prima: ti porrai la celata dopo rotta la testa! FILACE. Cosí farò.

MANGONE. Se venisse alcuna vecchia con qualche scusa, mandala subito via: ché fa piú una ruffiana in una ora, ch'un innamorato in cento anni. FILACE. Riposatevi nella mia diligenza. MANGONE. Io vo al molo, al raguseo: entra e sèrrati dietro. FILACE. Entro e mi serro dietro. DOTTORE. M'hai tolto la fatica di venire a casa tua.

MANGONE. Ed io vo' al molo a trovare il raguseo. PIRINO. Comporterai, o Forca, che tu e io siamo scherniti e vilipesi da un furfante ruffianello? Diménati, risvégliati, dimostra che sei vivo e non dormi: ove è l'ingegno, ove sono le tue grandezze, ove i tuoi gran fatti che fur tutti prigionieri delle tue astuzie?

MANGONE. Camina su, bestiaccia; non lasciar luogo da cercare. Ma che dispiacer feci mai a quel raguseo, ché mi avessi a trattar cosí male? DOTTORE. Deve essere amico di Pirino e di Forca, e per far piacere a loro è stato ministro del tuo danno. MANGONE. Or che mi ricordo, avea una ciera di furfantaccio, d'un malandrino, d'un ladrone, e rassomigliava tutto a costui.

FORCA. Appresso vestiremo Panfago, che non è conosciuto da Mangone, da raguseo perché avemo inteso da lui, questa mattina, che voleva andar al molo a comprar schiavi, ché dica esser fattor del raguseo e gli venda voi per schiavo, per quello prezzo ch'egli vuole, perché vi meni a casa. Esso, perché spera guadagnarvi con Filigenio vostro padre, da cui n'è stato pregato, vi comprará sicuramente.

Poi troveremo un capitano di birri e faremo tor Panfago, con dir che ha rubato le vesti del schiavo e del raguseo ad Alessandro; e andaremo in casa sua, dove si troveranno, perché ivi se l'ha spogliate; e noi serviremo per testimoni: ché se non sará appicato, almeno lo faremo andar in galea in vita e ci vendicheremo di lui.

Quel raguseo è stato la cagione della mia ruina. DOTTORE. Come ti colse quel raguseo? MANGONE. Con un presente di molto prezzo; e non m'accorsi che sotto la maschera di quel presente stava nascosta la trappola. PANFAGO. Ditegli che vi mostri quel presente. DOTTORE. Di grazia, fammi veder quel presente per isgannarmi. PANFAGO. Filace, conduci qui quel presente che mi portò il raguseo.