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Ecco Rugger, che chiede se ella sogna, ché la quinta staffetta era venuta, e disse: Io non so piú cosa rispondere: voi fareste un esercito confondere. Disse Marfisa in ironico modo, con un dileggio e un strano risolino: Signor fratello, perdio che vi godo, se voi pensate farmi il paladino. Ite in malora; per me fitto ho il chiodo.

FORCA. T'informaremo meglio di una scarpa. Su, finiamola. PANFAGO. Non ho ancor finito di essaminarti; che avete apparecchiato da desinare? FORCA. È troppo buon'ora per desinare. PANFAGO. Chi non desina a buon'ora, desina a malora. FORCA. Dico: è troppo presto. PANFAGO. S'è presto a te, è tardo a me: che vuoi misurar il mio appetito dal tuo ventre?

Giacomo, in cuor suo, mandò quell'altro in tanta malora, pure dovette contenersi, ed aspettare l'amico, ammirando insieme il bel puledro.

MANGONE. Giá ti è stato detto due volte; alla terza viene il buono. Dimmi, in tua malora, chi t'ha posto in dosso queste vesti? Ragiona, se vuoi. Io

LIMERNO. Tu sei pazzo persuadendoti una malefica non sapere quello che a tutta la corte giá divolgato leggesi. TRIPERUNO. Lasso! ch'io me ne doglio. LIMERNO. Tu vi dovevi piú per tempo considerare e prenderne da me consiglio. «Consilium post factum, imber post tempora frugum». TRIPERUNO. Non l'ho fatto, in mia malora!

Il matrimonio di Lavandall è ito in malora. Come! rotto? Positivamente. Impossibile. vero, che il principe è partito per Roma. Via, via! l'ò visto ieri sera, ed abbiamo anzi parlato dei suoi sponsali. Ciò può essere. Pertanto, ieri sera stessa, egli ebbe un colloquio col suo futuro suocero. La conversazione fu corta e secreta.

Vedi? non potresti più nulla. La legge Oppia è sepolta. E sia, col piacer degli Dei! Ma son marito.... e questa donna.... oh, avremo a dircela insieme. In casa mia non è abrogata la legge. Undicesima Tavola; i suffragi del popolo decidono; ciò che il popolo ha statuito.... Eh, va in tua malora, tu e tutte le dodici.... Oh! Me la facevi dir grossa! Usciere di tribunale!

La masticò un tratto fra i denti, quindi balzò in piedi con piglio d'insofferenza. Vadano in malora gli amanti!..... esclamò. E le amanti! soggiunse, ma più sommesso, come chi senta di dire una mezza bugia a stesso. Quella per fermo era serata di musica! Il teatro Carlo Felice quella sera aveva faccia di legno.

Nabuccodonosor si gratta il naso e dice: Vedi un po' quei bricconcelli Come pigliano a trastullo Un negozio, che i capelli Fa rizzare anche ad un brullo! Andar tanto allegramente Ai diavoli? è imponente! E perciò si straggan fuora E che vadano a malora. E dicendo si ritira. I fanciulli escono dall'altro lato della fornace tutti festosi, e la messa comincia.

Chi esemplificava a questi industriali il libero scambio degli stati vicini, si sentiva rispondere con scherno: «gli altri popoli mandino pure in malora le proprie officine in grazia delle vuote teorie; tanto meglio per la nostra industria protetta!». Concordavano in siffatte idee tutti i giornali, dal repubblicano National all'Univers ultramontano.