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Aggiornato: 14 giugno 2025


Di prediche facevano una gora, ché non eran temute ascoltate. Erano giunte alla sezza malora le faccende del prete o vuoi del frate; gente ridotta quasi a un sorpassare, per non perdere il ius del confessare.

La vecchia mandò un grido indignato di protesta. Rubato!... O Santa Madonna della Consolata! Che osate dir mai? Rubato! Ma io non tollero... Stai zitta! gridò minacciosamente il giovane. E lasciami dire in tua malora, vecchia strega! O Dio buono!... O Santa Vergine dei dolori!... O santi tutti del paradiso! esclamò Marianna levando le mani al cielo.

Ma un clamore venne dal cortile: i Garibaldini avevano scoperto la cucina e il caldaione degli gnocchi. Ah, Borbonici, canaglia! Avevate da mangiare e ce lo negavate! Borbonici della malora, che vi porti via il diavolo! Ma fra quelle voci irritate, furiose, una vocina sorse: Viva Garibaldi! La piccolina, in mezzo ai Garibaldini, agitava il suo cappelluccio col pomo di seta tricolore.

Quanto al Tolomei, sussurravano i meglio informati, è sempre stato uno spiantato. Vive di questo: si guadagna la vita a furia di andare in malora! Tutti gli altri? Il Bizzarelli, il Brunetti, il Vergani? Creature del Cantasirena e del Fontanella! Fantocci, teste di legno; tutta gente che casca in piedi! Quel beì del conte Bobboli?

Il buono uomo, per non sentir quel pianto tutta notte, e non sapendo come potessi giovare al figliuolo, si uscí di casa e dette campo franco alla moglie, piú aveduta e piú savia di lui. Parvemi d'entrar poi in una altra casa e trovare la padrona che si faceva affibbiar dalla fante e le diceva: Uh, sciocca, dappocuza! ancor non sai tu affibbiare una vesta? Comínciati di sotto, in malora!

Chi rifugge l'uscire a caccia, vada in malora a snocciolar paternostri. A tuo dispetto, bacchettone scimunito, a tuo dispetto voglio cavarmi la mia brama. E via via via, fuor d'un campo, dentro un altro, su pel poggio, giú per la china, sempre sempre gli venivano cavalcando stretti a' fianchi il cavaliero a destra e il cavaliero a sinistra.

Vi fará cosí tutta la notte: lascialo in sua malora! CAPITANO. Giá è riserrato. Tic, toc. ERASTO. Chi è ? CAPITANO. Cosa d'importanza. ERASTO. Chi sei che batti? CAPITANO. Un vostro amico, e vorrei dir una parola ad Erasto di cose importanti: che di grazia si facci su la fenestra. ERASTO. Chi sei, olá? chi domandi?

LECCARDO. Come dunque volea mangiarmele crude? bisognava che fussero prima cotte. Se volete indovinar, indovinate a voi stesso quanto desiate saper da me. DON FLAMINIO. Il malanno che Dio dia a te e alle tue chiacchiare! LECCARDO. Se non lasciate parlar a me prima, come volete che parli io? DON FLAMINIO. Parla in tua malora e finiscila presto! LECCARDO. Se non mi lasciate parlare, non finirò mai.

Un altro, a ogni colpo, mandava agli assediati un augurio breve ed espressivo: Andè in malora! Ve le faremo inghiotir tute le vostre bombe esclamava un popolano stringendo i pugni in aria di sfida. Nessuno apriva la bocca per parlare di capitolazione.

Li costumi se ne sono in sua malora partiti, e lo parlare vi è restato; e però confermarotti quello che giá sopra dissi: che tu, essendo lombardo, piú presto avvezzarti doveressi a la paterna tua lingua latina che a la pellegrina a te toscana; ché molto piú di fama e gloria conseguiranno per lo avvenire li scrittori latini che li toscani, quantunque oggidí a molti lo contrario appaia, servando però sempre la dignitade de la mia macaronesca.

Parola Del Giorno

s'alceste

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