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LARDONE. Mastico quelli fegadelli, salsicce e pastoni che mi son fuggiti dalla bocca. PEDANTE. Perder le robbe non saria molto, ma perder la figlia! L'ira mi rode i precordi. Questa non è taberna, ma postribulo e lupanare. GIACOCO. La casa mia non è taverna chiú, ma centimmolo e panara; da cca a n'autro poco deventará no fiasco. O Celo, ca zeccafreca è chisto?

La masticò un tratto fra i denti, quindi balzò in piedi con piglio d'insofferenza. Vadano in malora gli amanti!..... esclamò. E le amanti! soggiunse, ma più sommesso, come chi senta di dire una mezza bugia a stesso. Quella per fermo era serata di musica! Il teatro Carlo Felice quella sera aveva faccia di legno.

Io mi sentivo crescere di valore, più prezioso di quello dei miei ornamenti. La Costanza era rimasta istupidita cogli occhi fissi su quel mucchietto d'oro e, quando mi mossi per darle il biglietto, mi guardò col suo sguardo scemo, tentennò il vecchio capo, masticò qualche parola, e tirandosi indietro: Scusi, disse, lei può far vendere queste cose dal maggiordomo. Io non son pratica.

Per fortuna Vanardi si sovvenne della crosta di pane che stava sopra la stufa, ne ruppe un pezzetto coi denti, lo masticò ben bene e se ne servì per chiudere il foglio. Poscia vi scrisse su l'indirizzo: prese il suo cappellaccio senza falda, si gettò sulle spalle un misero mantelluzzo di panno logoro, e disse alla moglie: Vado a ricapitar questa lettera.

Mastico senza piacere come un automa. «I miei movimenti sono diventati lenti e faccio fatica a tener aperti gli occhi. Sono determinato a rifarmi con la pagnotta, ma la mia determinazione non val nulla dinanzi all'atonia dell'apparecchio digestivo. La forza digestiva è come interrotta. Ieri sera stavo facendo il letto e ho dovuto sedere sul materasso due volte. Mi sembravo vicino al deliquio.

Ne masticò un poco per ; poi fece a turarsi anche gli orecchi, per non guastarsi la testa; e per fargliela entrare in furia all'ultimo mese, ci volle l'immagine minacciosa del signor Amedeo e il ricordo di certe parole che non promettevano niente di buono.

Il pover’uomo la prese; e, sentendo sopra di fissi li occhi maligni e acuti del capraro, fece un supremo sforzo per sostener l’amarezza; non masticò, non inghiottì; stette con la lingua immobile contro i denti.

Mario corse a casa sua, diede dell'imbecille e dell'asino a Menico senza un perchè, fece in fretta e in furia una valigietta e, col primo treno, sebbene fosse omnibus, partì per Milano. Ne masticò della bile, su quel convoglio! Quando, finalmente, arrivò in piazza Beccaria, ove abitava quell'amico birbone, era verde a dirittura.

La fame ha preso tanto dominio sopra di me, che quanto piú cerco torlami da dosso piú vi se attacca. BALIA. O Mastica Mastica! MASTICA. Chi chiama Mastica non chiama me: chiamimi «digiuno» se vuol che gli risponda. Non vo' esser Mastica, ché non mastico se non sputo e vento. BALIA. Oh che affamata risposta! MASTICA. Oh che sciapita chiamata! BALIA. Non sei Mastica tu?

Sai bene che d'inglese io non ne mastico, e di tedesco nemmeno. Lo so benissimo. Tra le originalit