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Questi la caccera` per ogne villa, fin che l'avra` rimessa ne lo 'nferno, la` onde 'nvidia prima dipartilla. Ond'io per lo tuo me' penso e discerno che tu mi segui, e io saro` tua guida, e trarrotti di qui per loco etterno, ove udirai le disperate strida, vedrai li antichi spiriti dolenti, ch'a la seconda morte ciascun grida;

|La Signora|. E poiché mio marito l'avrá riletto, spero che vorrá disdirsi d'una cosa detta da lui solo per sbaglio di memoria, del quale per altro fo io le scuse al signor Grisostomo. |Grisostomo|. Ella, madama, è troppo gentile con me. Gliene rendo grazie. |Grisostomo|. Il dramma è preceduto da un prologo brevissimo in forma di dialogo tra l'impresario del teatro ed un'attrice.

«Questi», cioè questo veltro, «la caccerá per ogni villa», cioè estermineralla del mondo, «Finché l'avrá rimessa nell'inferno, onde invidia prima dipartilla». In queste parole chiaramente si può intendere, l'autore dire una cosa e sentire un'altra; conciosiacosaché manifesto sia in inferno non generarsi lupi, e perciò di quello non poterne essere stato tratto alcuno, per doverlo in questa vita menare.

Lacchè spedisce, e rintuzza, e rimbecca ch'ogni risposta è tarda e oscura suta, perché Rugger come un matto ha risposto: Ella verrá, se Dio l'avrá disposto. Non è da dir se Terigi s'affanna. Con don Gualtier si chiudeva a consiglio. Che di' tu, prete? dicea sulla scranna. Risponde il prete: Assai mi maraviglio.

Oh! gli è 'l buon capitale! Felice quella donna che l'avrá! ché è tutto robba. CALONIDE. Oibbò! ibbò! ibbò! Che è quel ch'io sento? E quel vecchio pelato e gottoso vuol tôr donna ancor egli? Si li vuol dar. Te ne contenti, Lúcia? Guarda che bella cera! LÚCIA. Par lo sposo de la madre de' vecchi. CALONIDE. Io dico il padre de' guattari che sono innamorati. Non si può bussicar, tanto è pasciuto!

PILASTRINO. Gli è pure il vero. Non vedi che non ha pur le gengíe? Povera Orgilla, so che l'avrá buona come lo sa! ché questo è appunto un tôrgli la sua provenda de la mangiatoia. Or non manca se non ch'io mi rassetti per poter ben mandar per le mascelle i denti a scrocco e far d'altro che d'esca farina macinata a duo palmenti. Oh!

PILASTRINO. Tocca forte, ché non posson sentir. CALONIDE. Va'. Guarda a l'uscio, Fronesia. E tu vatti governa, Lúcia, con i panni ordinari; ché Crisaulo oggi verrá come ancor venne ieri. Forse non piace a Dio. Qualcun de' suoi l'avrá tenuto. FRONESIA. Apri, apri; è lui; è Crisaulo con molta gente. Oh che felice giorno! Lúcia, torna di qua. CALONIDE. Di' 'l vero? È desso? Èvvi il mio Girifalco?

Questi, sentendo il garbuglio toccato del matrimonio e della trama il vero, fece un atto d'un uomo disperato. Volse le spalle e andossene leggero; e a questo passo al lacchè, che ha mandato l'ultima volta Terigi a Ruggero, fuor di se stesso e in furia avea risposto: Ella verrá, se Dio l'avrá disposto. Con Bradamante radunate sono parecchie dame ad aspettar la sposa.

Caro ei l'avrá, se nel punisci; io quindi nol celo. Mira: in questa gemma stava la mia salvezza. Di tua fede in pegno, il delle mortali nozze nostre, tal gemma tu darmi dovevi... NER. Il veggio, l'ultima è questa, e la piú orribil trama, per far che Roma mi abborrisca. Iniquo, tu l'ordisti; ma or ora... POPPEA Alla tua pena ti sottraesti, Ottavia; invan sottrarti speri all'infamia.

FRONESIA. Passo ogni giorno quasi dal suo palazzo e bene spesso vado da la madre. E, per tuo amore, sempre mi viene in contra e mi saluta e fa carezze. Ed ivi di continovo usa colei; che avrá forse giá detto di quella subbitezza. LÚCIA. E questo pensi che l'avrá detto a lui? FRONESIA. Forse che . Ma, quando ne li avesse ancora detto, farem cosí.