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Aggiornato: 23 giugno 2025


Qualche volta, io ero triste per lei come al pensiero di una persona cara che sia affetta da una malattia incurabile.... Non avevo testa da far nulla, un freddo mi passava da capo a piedi e mi pareva che il mondo stesse per finire. Vedevo quel che si preparava, e temevo di comprendere che era lei a volerlo.

Vedevo venire verso di me, lenta, una coppia che a volte s'arrestava: un vecchio signore aveva passato il suo sotto al braccio di un giovane e questi, camminando, pareva che stesse ad ascoltare il suo compagno anziano. Quando si fermavano, il vecchio figgeva gli occhi ansiosi in quelli del giovane, che lo guardava come trasognato.

Pensavo a quelli che ti avevano baciata, alle labbra che si erano immerse nel respiro della tua viva bocca. Tra il sole morente le tue trecce divenivan color di fumo. La tua pelle prendeva il colore della infinita sera. Vedevo le tue forcelle di brillanti ardere come bianche fiamme nei capelli scuri. I tuoi occhi mi fecero pensare al profumo che mandano le violette.

Vedevo bene una signora attempata al suo fianco, nel salotto o in carrozza, ma la vedevo come un'ombra, senza arrestarvi sopra l'occhio, il pensiero. Le notizie di Veronica mi sbalordivano, come qualche cosa di straordinario, tanto mi pareva impossibile che Savina fosse una donna come le altre.

Seppellita! terribile pensiero!.. Allora guardavo il volto scarno di Clelia, vedevo la povera vita di quel corpo adorato fuggire sotto i miei occhi il mio amore possente aveva forza d'arrestarla un istante. Alla notte venne la contessa B. Aveva mandato ogni giorno a chiedere novelle di Clelia, e come seppe del pericolo in cui versava, volle esserle vicino. Quella buona signora mi trovò mutato.

Io giurai di star zitta, e tenni la mia parola fino a questo momento!... Quando tu e il povero zio canonico eravate andati pei fatti vostri, Veronica scendeva a far conversazione col portinaio che era suo amico, e mi faceva entrare in giardino. Io non la vedevo più per un pezzo, mi diceva che andava a far la spesa, e veniva a prendermi più tardi.

Non potevo più illudermi intorno al mio avvenire; non mi balenava davanti agli occhi nessun elevato intento, nessun nobile scopo. Niente vedevo mutato nella mia sorte, nei miei sentimenti, nelle mie idee; c'era invece nella mia vita qualcosa, che non avrebbe dovuto mai esserci, una bassezza, un avvilimento, inutili anch'essi quanto l'orgoglio dei miei vani ideali!

Mi pareva di sentirla piangere. La vedevo andare alla finestra tutta disperata a cercarmi giù nell'ombra o all'uscio della scala ogni volta che sentiva i passi di qualcuno. In dieci anni di matrimonio non ho mai dormito fuori di casa. E una povera donna che voglia bene al marito si impressiona. In pochi nasceva il bisogno di parlare.

La sera, appena mi avevano coricato, il babbo sedeva al cembalo nel peilo attiguo alla grande camera da dormire; per l’uscio spalancato io vedevo dal mio letto il tavolino dove lavorava la mamma, rischiarato da una lucerna a beccucci colle ventole verdi che oscuravano intorno l’ambiente, mentre la candela del cembalo mandava dalla persona del babbo un’ombra gigantesca che entrava per l’uscio e saliva sulla volta bianca della mia stanza fin sopra il mio capo.

«Quella lettera mi fece una profonda impressione. Lessi più e più volte quel periodo chiuso nella parentesi, e lo ripensai ancora ed ancora dopo aver piegata la lettera, e mi trovai di saperlo a mente. «Mi nascondevo il volto tra le mani, e ad occhi chiusi vedevo Massimo dinanzi a me, e sentivo il suo bacio. O Dio! Non era vero ch'egli non fosse temibile per me. Ero d'una debolezza dinanzi a lui!

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