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Io amavo sinceramente Giorgio, che era un nobile cuore, un amico leale. Pensai a lungo a quella parola amara che gli avevo detta; ed a quando a quando ripensai alla antipatia della giovane artista per me.

E ripensai il titolo dell'annunziato libro di Filippo Arborio: Turris eburnea. I dubbii mi si affollarono nello spirito. Si trattava d'un riscontro puramente casuale con l'appellativo della nota dedica? O lo scrittore aveva inteso creare un personaggio letterario a simiglianza di Giuliana Hermil, narrare la sua avventura recente? E di nuovo la torturante interrogazione mi si ripresentò.

Non v'appariva segno di contaminazione; alla vista era sempre la stessa. E nulla al mondo poteva omai cancellare la macchia che vedevano su quel pallore gli occhi della mia anima! Alcune parole, proferite da me nell'ultima ebrezza, mi tornarono alla memoria. "Io ti veglierò, ti leggerò sul viso i sogni che sognerai." Ripensai: "Ella ripeteva ad ogni tratto: , ."

«Quella lettera mi fece una profonda impressione. Lessi più e più volte quel periodo chiuso nella parentesi, e lo ripensai ancora ed ancora dopo aver piegata la lettera, e mi trovai di saperlo a mente. «Mi nascondevo il volto tra le mani, e ad occhi chiusi vedevo Massimo dinanzi a me, e sentivo il suo bacio. O Dio! Non era vero ch'egli non fosse temibile per me. Ero d'una debolezza dinanzi a lui!

Le illusioni fondate su Carlo Alberto sfumavano rapidamente davanti a' primi suoi atti. E' non aveva neppure decretato il richiamo degli esuli che avevano giurato con lui, molti de' quali erano stati trascinati nella congiura del 1821 dal solo suo nome e parecchi gli erano stati ajutanti, compagni, amici. Ripensai, interrogai prima di decidere. Carlo Bianco, col quale io viveva allora in Marsiglia, mi comunicò l'esistenza d'una societ

Alle prime palle ebbi una paura birbona mi disse il buon ragazzino pensai alla mia povera mamma, che mi proibiva di saltare, di pigliare il fresco, che stava in pensiero, quando tornavo tardi, e che ora non era più buona a proteggermi... mi addossai a im muro tutto rannicchiato, facendomi piccino, piccino e ci stetti qualche minuto: passarono gli Egiziani, uno di loro mi disse: sei un vile; mi saltò il rossore alla faccia, avrei ucciso quell'uomo, poi vidi che aveva ragione, ripensai anche allora alla mamma, alla mamma che piuttosto di vedermi infamato, piuttosto di piangere su me vivo avrebbe pianto sulla mia tomba, e mi accodai all'Egiziani, con loro mi stesi lungo i vigneti, con loro sostenni due ore di fuoco, con loro caricai alla baionetta, fino a che mi sentii percuotere questo braccio, come da una bastonata e caddi per terra... ero ferito!...

Mi ritornò alla mente il volto sereno di mia madre, e i suoi grand'occhi neri e i fili d'argento che incorniciavano la fronte rugosa della povera nonna, la vecchia amica della primissima mia vita. Ripensai i tripudii sognati sulle sue ginocchia, e le cento storielle delle bigie notti d'inverno, e i fantasmi del focolare.

Pregai per tutti i figliuoli buoni che sono, come voi, la gioia delle loro famiglie. Poi ripensai a Guido piccino, al suo vestitino bianco, immacolato, e pregai il Signore anche per lui. Il primo lavoro della Gemma.

Io aveva aspettato senza impazienza fino a quel punto; ma quando, come vollero i fati, il pesante carrozzone fu sull'avviarsi, ed io mi trovai rannicchiato nel mio sedile accanto ad un corpulento abate che pareva occupatissimo a distaccare con uno stecchetto gli avanzi della colazione rimastagli fra i denti, soltanto allora, volgendo l'occhio all'intorno, ripensai allo scopo del mio viaggio, e mi parve di vederlo miseramente fallire.

«Udii così scoccare la una. Scrissi poche righe. Ripensai. Mi pareva che solo qualche minuto fosse trascorso quando i due colpi si udirono alla pendola. «Un brivido mi passò per tutto il corpo. Mi sembrava che il tempo mi sfuggisse come una cosa che scivola tra le mani. Guardai con terrore il quinterno di carta bianco ch'era dinanzi a me.