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Aggiornato: 1 giugno 2025
È violenta e triste la prima impressione che si risente discendendo dalla grande Roma piena di luce e di vita in quel freddo cimitero sotterraneo, dove sulla morte è anche ora passata la devastazione, e dove si vedon congiunti tutti i più tetri aspetti d'una cava, d'una grotta e d'una carcere. E si va innanzi a malincuore, nell'odore umido della terra, diffidando del suolo ineguale, e pensando con inquietudine che, se il frate sparisse, si perderebbe la lena alla corsa, e forse il lume della ragione, prima di ritrovare l'uscita. Ma, a poco a poco, quel labirinto di anditi angusti, quelle fughe di buche sepolcrali nereggianti nelle pareti come grandi bocche semiaperte, quei piccoli vani per gli uffizi del culto, dove i fedeli stavan raggruppati e stretti, come quando aspettavan nei circhi l'irruzione delle belve, attirano e soggiogano tutti i vostri pensieri. Se vi resta ancora un pensiero profano, cede anche questo alla vista della prima ampolla incastrata nel tufo, nella quale siete spinti a cercare le tracce del sangue che vi fu racchiuso, e quasi un ultimo fremito della vita che fuggì con esso dalle vene del martire, o svanisce alla prima lettura di una di quelle iscrizioni semplici e rozze: «Pax tecum», con accanto un nome di battesimo, che non vi par di leggere, ma d'udir profferire intorno a voi dalla voce sommessa di chi ha amato e sepolto chi lo portava. Il frate si soffermava a quando a quando per rischiarare la cripta di una famiglia, di cui è scomparso ogni avanzo, o nomi di pellegrini d'altri secoli incisi nelle pietre, o una grata sottile, dietro la quale, fra poche ossa biancheggianti, ci fissavano due occhiaie profonde, con quello sguardo immobile da mille e ottocento anni, che par che aspetti con fede invincibile l'adempimento d'una promessa. Ma più che altro ci arrestavamo a quelle buche mortuarie dei bambini, così strette, da parere che neanche un piccolo cadavere potesse entrarvi, se non spinto dentro a forza come un corpo ancora vivente e ribelle alla sepoltura. Ah, lì pure sono i bambini quelli che vi prendono al cuore, quei poveri piccoli cristiani messi a dormire l'un sull'altro, ammucchiati, quasi schiacciati, oppressi anche nella morte dalla terra, come eran stati nella vita dal terrore, e così lontani dalla luce del giorno e dal verde dei campi, rimpiattati, più che sepolti, come carne maledetta. E col sorgere della piet
La bottega di mastro Jacopo era triste, quando Spinello rimise il piede l
«L'Amore! l'Amore in questo quadro non è un giovinetto nume, radioso e ridente, coronato di rose e di passione. No. L'Amore è una figura austera, e triste, e solitaria... Oh, caro Selvaggio, io so quanto triste, e quanto solitario tu sei! «Ma tu comprendimi e perdona! E di' addio. Addio a Nancy». E il Selvaggio comprese. E perdonò. E disse addio a Nancy.
M'innebriavo del mio dolore, buttavo nel fango il sentimento e m'imbellettavo da istrione. Triste maschera la dissimulazione tu non l'hai ancora posta sulla faccia, che gi
Le mie ammonizioni, il mio comando, tutto l'aspro repertorio di sapienza, che voi credete soltanto mio e che vi fa tremare, non vi scanserebbero da un triste fascino che vince anche lo spavento del carcere. Agiscono in voi delle forze irresistibili che di voi dispongono illimitatamente e che producono ogni vostro atto, ogni vostro istante di vita.
A quella amara facezia un brivido corse per l'ossa al nostro giovane eroe. Si vide in una bara, portato da due becchini lunghesso un'aiuola del triste recinto, e pensò a Dogliani, a suo padre, a sua madre, che, poveretti, non sospettavano di nulla, e lo facevano forse gi
Improvvisamente un rancore simile ad una fiamma le montò dall'anima contro quella illusione di fare fortuna essendo più buone o avendo sofferto più delle altre; il sangue le si accese, poi un pensiero anche più triste lo spense tosto: perchè lagnarsi? Non era inutile?
Lavorando tutti due, non sempre riuscivano a sfamarsi, a pagare a tempo l'affitto dell'abbaino. E..... e..... Parlando le si erano essiccate le lagrime; non le restava che un ansimare faticoso e un triste lampo negli occhi, che fisava in volto a Lucia.
»Appena potè parlare, mi contò la sua triste storia, »Seppi allora che tutto il male veniva dal signor De Boni. »Questo poco di buono l'aveva incontrata a Zugliano, dove allora egli andava spesso a trovare suo padre. L'aveva inutilmente perseguitata in tutti i modi.
Una nube oscurò la sua fronte e i suoi sguardi s'intenerirono. Quell'abbronzato volto, di solito così aperto e fiero divenne triste, cupo. Che hai? gli chiese Omar che s'era accorto di quell'improvviso cambiamento. Nulla, Omar, nulla, balbettò con voce soffocata lo sceicco. Dov'è Abd-el-Kerim? Eccolo, disse un guerriero.
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