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Uguali lamentazioni aveva dovuto scrivere al Rubieri nel 1862. Il Rubieri con buon senso di patriota e di toscano gli rispondeva: "Voglio ammettere che il governo non sia ottimo: ma la Toscana non è meglio trattata della Sicilia, e vi chiedo il permesso di citarla come modello; qua tutto si tollera, perchè se il governo ha dei torti, ha anche delle difficolt

Ora se il sig Boncompagni non legge il Vangelo, il Macchiavello, oh! che sia benedetto, che cosa legge egli per governare i popoli? Forse il giornale agrario toscano? Buon libro, sa ella? Boncompagni ha fatto.

Ah! se ci fossero dei giovani scrittori che invece di perdersi dietro le imitazioni delle creazioni altrui, ci dessero il romanzo regionale piemontese, lombardo, veneto, toscano, romano, come ora ha fatto il Lauria col napoletano (e ce ne aveva regalato gi

Del quale fu giá composto quella similitudine contraria: Lucus luce carens nomen de luce recepit; bellum, quod bellum sit minus, inde venit. Hinc quoque te Urbanum merito appellamus, ut isto nomine rusticitas sit tua nota magis. Deh! pregoti, amantissimo Merlino, lasciami ch'io canti di Amore in toscano idioma, ché veramente non so io piú che dirti latino.

«Sotto il bel cielo napoletano.... «E sacrificamelo sul monte.... sul monte Moria! Isacco, strada facendo, diceva: Padre, io veggo le legna e il coltello. «Nel mar, nell'aere, nei monti un riso... Pietrino, mi raccomando! «..... ma la vittima dov'è? «No! Non è il gaio giardin toscano, La grande patria dell'italiano

Che cos'è questo benedetto parlare toscano! Era una povera donna, non aveva cultura, sapeva appena leggere e scrivere; ma parlava da far rimanere a bocca aperta. E non il fiorentino volgare, perchè non ho mai inteso dalla sua bocca una parola o una frase che una signora non potesse ripetere in conversazione.

Modo usato da Luigi Pulci nel suo poema del Morgante, forse tratto dall'attitudine in cui è dipinto san Francesco dalle stimate, con le braccia e le mani aperte in atto di preghiera. Stanza 30. Facendo il sordo o albanese messere... «Far albanese messere» è proverbio toscano antico, e vale finger di non capire. Stanza 38.

L'imbarco Il lido toscano fra Follonica e Castiglione della Pescaia è formato da una serie di cale o piccoli seni, divisi fra loro da altrettanti piccoli promontorî o punte, che vanno a terminare nel mare. E quivi, ma molto più prossima a Follonica che a Castiglione, trovasi Cala Martina formata dall'insenarsi del mare, e dal protendersi in esso di Punta Martina a mezzogiorno, e di Punta Sentinella a settentrione. La sorveglianza doganale, sanitaria, ed anche politica delle coste toscane si faceva allora mercè una serie di stazioni o torri poste in modo che dall'una si vedessero i segnali che si facevano dall'altra. Stavano a custodia di ciascuna torre e del lido, cinque o sei cannonieri, che per non demeritare tal nome avevano in custodia un cannone rivolto colla sua bocca innocente verso la marina. La stazione prolungata in quei luoghi disabitati, il servizio poco militare loro affidato, e più di tutto l'azione pestifera della malaria, rendevano questi soldati tanto poco temibili, che certamente la riunione dei guardacoste di quattro torri non sarebbe bastata a stare a fronte del nostro ardito drappello, composto di uomini vigorosi, pratici della localit

Il Granduca, sfidato, accetta il cartello e sollecita l'ajuto del suo esercito in frattanto che arrivassero i Tedeschi. L'esercito toscano fraternizza col popolo. Leopoldo II, ricordandosi la storia del 1848, sale in sedia da posta. Il popolo lo lascia partire, schierandosi in due ale, lungo la via, sul suo passaggio, e dicendogli addio, di un'aria beffarda.

Dettati nel puro e gentile idioma toscano, questi libri parlano al fanciullo il suo linguaggio, lo dilettano, lo avvezzano a vedere, ad osservare il mondo esteriore, come ad amare il bene morale.