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Aggiornato: 12 giugno 2025


37 Finge ella teco, t'ama prezza; che ti pasce di speme e di parole: oltra questo, il tuo amor sempre a sciochezza, quando meco ragiona, imputar suole. Io ben d'esserle caro altra certezza veduta n'ho, che di promesse e fole; e tel dirò sotto la in secreto, ben che farei più il debito a star cheto.

Soccorrer qui, non lacrimare accade: fa ch'ove è questo tuo, pur tu ci metta. Di mille lance trar, di mille spade tel promettian, pur che ci meni in fretta: ma studia il passo più che puoi, che tarda non sia l'aita, e intanto il fuoco l'arda.

Il libretto che voi avete fra le mani porta la data del 1847, quando l'Attila si rappresentava alla Scala. Oh! oh! vere! verissime! Tata tel 1847! Mi più niente capite.... Frattanto, uno dei giovani che sta dietro di noi si è preso l'incarico di leggere a voce alta, e di spiegare il melodramma alla comitiva femminina. Ma non appena egli ha declamato i primi versi: Urli rapine Stupri, rovine, ecc.

PROTODIDASCALO. Che faresti se ti portassi bene, se con tanta fretta mi dimandi il male? Ma tu ancora ignori i tuoi guai: t'apporto nuovi guai. LAMPRIDIO. I miei guai son tanti che non se ne trovano piú per accrescerli. PROTODIDASCALO. Tuo padre è venuto. LAMPRIDIO. Giá lo sai? PROTODIDASCALO. Ti ricerca. LAMPRIDIO. Sai troppo. PROTODIDASCALO. E fra poco tempo tel troverai dinanzi.

41 Con cor trafitto e con pallida faccia, e con voce tremante e bocca amara rispose: Quando sia che tu mi faccia veder quest'aventura tua rara, prometto di costei lasciar la traccia, a te liberale, a me avara: ma ch'io tel voglia creder non far stima, s'io non lo veggio con questi occhi prima.

SAMIA. Tu te ne ridi? FESSENIO. , io. SAMIA. Egli è 'l vangelo. FESSENIO. Eh! eh! eh! che sète matte! SAMIA. Tu mi pari una bestia. Cosí è, se tu vuoi o se tu non vuoi. Fulvia l'ha tócco tutto e trovatolo femina; e del solito non gli è rimasto se non la presenzia. FESSENIO. Ah! ah! E come fará, adunque? SAMIA. Tu nol credi e però non tel vo' dire. FESSENIO. , fo, per questa croce.

Unde Io ti dico che, se tucti gli altri peccati che essi hanno commessi fussero da l'uno lato, e questo solo da l'altro, mi pesa piú questo uno che gli altri, per lo modo che decto t'ho, come Io tel manifestai, acciò che tu avessi piú materia di dolerti de l'offesa mia e della dapnazione di questi miserabili, acciò che col dolore e con l'amaritudine tua e degli altri servi miei, per mia bontá e misericordia, si dissolvesse tanta tenebre quanta è venuta in questi membri putridi, tagliati dal corpo mistico della sancta Chiesa.

SENECA Infin che grida di plebe ascolto, che il furor tuo crudo col tuo timor rattemprano, t'è forza soffrirmi ancora: e l'irritarti intanto giova a me molto; e il farti udir il vero, che al ritornar del tuo coraggio io cada vittima prima: e, se me pria non sveni, Ottavia mai svenar non puoi, tel giuro.

PILASTRINO. Non posso indugiare. CRISAULO. E che buona facenda? PILASTRINO. Un'altra volta, se riesce, tel dirò; ché penso, un tratto, uscir d'esti pedocchi. Non dir nulla, ché vo' ch'abbiam da rider per cent'anni, se mi vien fatta. CRISAULO. Non vo' sapere altro. Guarda pur di non far qualche trabalzo che te n'abbi a pentir. Di poi quel giorno, non mi sai dir niente di colei?

Sia tuo; serbalo teco; io tel consegno: E tu del gran Signor tempra le voglie, Ed affatica il conosciuto ingegno Ad ammorzar l'ardor che 'n se raccoglie. Visto, ch'ella d'amar prende disdegno fortemente, il messo indi si toglie; E noi creder dobbiam, ch'egli dicesse Poscia al tiranno fier quanto successe.

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