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Il libretto che voi avete fra le mani porta la data del 1847, quando l'Attila si rappresentava alla Scala. Oh! oh! vere! verissime! Tata tel 1847! Mi più niente capite.... Frattanto, uno dei giovani che sta dietro di noi si è preso l'incarico di leggere a voce alta, e di spiegare il melodramma alla comitiva femminina. Ma non appena egli ha declamato i primi versi: Urli rapine Stupri, rovine, ecc.

In quella stagione non c'era a Milano altro spettacolo d'opera fuor quello del teatro dei Giardini Pubblici, dove si rappresentava l'Attila di Verdi da una compagnia di cantanti accozzati da un certo Corti di Bergamo, il quale, oltre ad essere impresario, aveva assunto nel melodramma la parte del baritono.

Consistevano in una serie di articoli relativi all'abolizione del melodramma dal teatro Potikorese, basati su queste ragioni: essere il dramma musicale il non-senso più enorme, l'assurdo più mostruoso e più ridicolo di cui la scienza si sia resa colpevole.

Henneberg, per conto suo, ha ottenuto i favori di Augusta quando costei li accordava facilmente. La sua funzione di fuco è stata esercitata. Egli potrebbe avere gran torto nell'ostinarsi a riottenere questa donna proprio quando, dopo averla rifiutata come moglie e spinta ad accettare un altro partito, ragionevolmente e doverosamente ella non vuol più saperne di lui. Nondimeno, dopo il suicidio di Agostini, egli la otterrebbe, se non rivelasse troppo brutalmente la bruttezza dell'animo suo. Ella ne è naturalmente nauseata. Ma lo sciagurato paga con la morte le sue brutture; dimostra, morendo, di non essere tutto orribile come pareva. E la donna che voleva esercitare una specie di potere sovrano, che voleva essere come la regina dell'alveare, quando vede morire uno dopo l'altro questi due uomini, questi due fuchi, non ammette più che dovessero morire, non riconosce nella catastrofe il compimento della legge alla quale si appoggiava e della quale si faceva banditrice; ma perde la ragione, come al quarto atto di un melodramma. Allora dove se ne va il concetto della battaglia degli uomini per l'amore, per l'acquisto della donna, per la continuazione della specie? Agostini e Henneberg lottano e muoiono per niente. Augusta, che voleva fare la forte, che voleva sostenere l'impassibilit

E siccome sa che la ragazza non può soffrire i meridionali da lei stimati grossolani, chiassosi, tenori da melodramma o negozianti di vino, il giovane provenzale s'ingegna d'ingraziarsela; le ripete, forse involontariamente come nota l'autore brani di discorsi politici da lui recitati al caffè, nelle conferenze, e l'abbaglia con gli sprazzi della sua fulgida eloquenza. Delitto!

A consolarla un poco, le capitò, altrettanto caro quanto inaspettato, il Corriere d'Euterpe con una corrispondenza da Palazzolo sull'Oglio, segnata col lapis rosso. «Ieri sera, nella Favorita, melodramma del celebre maestro cav. Donizetti Gaetano, abbiamo assistito al debutto del giovane primo tenore assoluto, signor Alessandro Frascolini.

La Gnoli fa seguire immediatamente alla Notte delle catacombe, l'Inno di Omero al Sole, e ci libera dal brivido delle catacombe con la contemplazione della Fonte di ogni luce e di ogni intelletto. In questi canti parla una spirito religioso; e sembra davvero che la Gnoli eccella specialmente nella grande lirica contemplativa. Ella tentò, con minor fortuna, il dramma lirico con Torquato Tasso a Sorrento. Ma questo genere melodrammatico non era più tollerato; il Pastor Fido e l'Aminta non ci fanno anch'essi più veruna impressione. Il melodramma può ancora avere un valore ed un contenuto artistico, quando è trattato con abilit

! rispose Lidia, che aveva nascosto nuovamente il capo fra le braccia della madre. Io avventai alla fanciulla uno sguardo quasi violento di desiderio e d'amore. Da quell'istante, ella era tutta mia. Il cielo prendeva un aspetto retorico, da melodramma. Sopra uno sfondo potentemente azzurro, vagavan certe grosse nuvole bianche, fra cui la luna ora si nascondeva, ora faceva capolino.

La sinfonia pura, ultimo rifugio, accoglie gli operisti mancati, i quali, a loro discolpa, predicano la fine del melodramma come forma assurda e antimusicale. Essi d'altra parte confermano la tradizionale accusa di non essere gli italiani nati per la sinfonia, dimostrandosi inetti anche in questo nobilissimo e vitale genere di composizione.

Il rullo dei timpani serve nel melodramma ad annunziare l'arrivo di un personaggio fatale, che il più delle volte suol essere un marito becco. Qualche volta il suo funereo brontolío serve a descrivere il silenzio, o la intima disperazione di una prima donna colta in flagrante adulterio.