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Aggiornato: 12 giugno 2025
Mi negarai almeno due bicchieretti di quel tuo vino garbo? PIRINO. E che non è garbo quel che bevo, Iddio tel dica per me: la mia bevanda è di amarissime lacrime. PANFAGO. Di lacrima dolcissima di Somma?
Abbiate pazienzia fino ch'egli esca fuore. FLAMMINIO. E' nol farebbe Iddio ch'io avessi piú pazienzia. CRIVELLO. Voi guastarete la torta. FLAMMINIO. Io mi guasti. Tic, toc, toc. CLEMENZIA. Chi è? FLAMMINIO. Un tuo amico. Viene un poco giú. CLEMENZIA. Oh! Che volete, messer Flamminio? FLAMMINIO. Apre, ché tel dirò. CLEMENZIA. Aspettate, ch'io scendo.
«Quando non ti possono far bene, tel promettono; quando te lo possono fare, lo fanno con difficolt
In molte cose. Anco, quasi, se voi aprite l'occhio de l'intellecto, non passará tempo che egli nol vegga e pruovi. Ma, perché in un altro luogo Io tel manifestai, poco te ne narrarò.
SPAGNOLO. ¡Voto al Cielo que yo soy muerto! CAPPIO. Potenz in terra, pover spagnol meschinaz, al corpo de mi mader, che se te cazo in tel polmon questo temperarin, ti fare' tanti busi in tel polmon che non ne ha tanti un crivel, e ti fazo in mille pezzi.
CALANDRO. E dove si scommette l'omo? FESSENIO. In tutti e' luoghi ove tu vedi svolgersi: come qui, qui, qui, qui... Vuo' lo sapere? CALANDRO. Te ne prego. FESSENIO. Tel mosterrò in un tratto, perché è facil cosa e si fa con un poco d'incanto. Dirai come dico io; ma in voce summissa, per ciò che, come tu punto gridasse, tutto si guasteria. CALANDRO. Non dubitare.
LELIA. Se m'ascolti, io tel dirò; e, a questo modo, intenderai quanta sia la disgrazia mia e la cagion per ch'io vada in questo abito fuor del monistero e quel ch'io voglio che in questa cosa tu faccia. Ma tirati piú in qua: ché, se alcun passasse, non mi conoscesse, per vedermi ragionar con teco. CLEMENZIA. Tu mi fai consumare. Di' presto, ch'io morrò disperata. Oimè!
Quali avvenimenti!.. Io sono cugino del duca, del marito di donna Livia... Ma che? lo sai? Sì. Chi tel disse? Il conte di San Giorgio, a cui domandai di te, e che mi narrò tutto. Il conte? Sa egli ch'io amai donna Livia?.. che ne fui amato tanto? No. Ah! son contento; chè troppo avrei arrossito se lo avesse saputo.
NER. Io t'amo, Poppea, tu il sai: di quale amor, tel dica quant'io giá fei; quanto a piú far mi appresto. Ma tu... POPPEA Che vuoi? poss'io vederti al fianco quell'odíosa donna, e viver pure? poss'io né pur pensarvi? Ahi donna indegna! che amar Neron, né può, né sa, né vuole; e sí pur finger l'osa.
CRISAULO. Son ben tante quelle che tu ci fai che con fatica te ne puoi ricordar; senza mille altre. Ove m'hai fatto ultimamente andare, che aspettai tanto e non vi fu persona? Che vuoi ch'io pensi? ARTEMONA. Oh! Di cotesto sai che non tel dissi certo; ma pensava, secondo che m'avea detto la fante, che la vi andasse. Non ci ho colpa alcuna. Dio sa'l cuor mio.
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