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Aggiornato: 5 maggio 2025
Io però posso dirti che madre e figlia hanno non solamente grandissima stima di te, ma che si affliggono profondamente della tua sorte. Sono convinte che tu soffri, che non hai pace, che non dormi più, che non ridi più, col pensiero fisso...! È un'aberrazione, a dirittura!
Il dì seguente continuarono lungo la costa per giungere a Leucate, porto del Mediterraneo, situato sulle frontiere del Rossiglione e della Linguadoca. Cammin facendo, Emilia rinnovò la istanze del dì prima, e parve talmente turbata dal silenzio e della disperazione di Sant'Aubert, che questi bandì alfine qualunque riguardo. «Io non voleva, cara Emilia,» le diss'egli, «avvelenare i tuoi piaceri, e avrei desiderato, almeno durante il viaggio, nasconderti circostanze, che avrei pur troppo dovuto manifestarti un giorno; la tua afflizione me lo impedisce, e tu soffri forse più dell'incertezza che non soffriresti della verit
Spiri propizio il vento Allo spietato legno. Presto il remoto segno Dato ti sia toccar! Perchè la fronte mesta Pieghi nel dirmi addio? Pensa che soffro anch'io Quello che soffri tu; E sol conforto resta Al duol che il cor mi serra Pensar che forse in terra Non ti vedrò mai più! Marta non era bella, Ma bionde avea le chiome. Folte e lucenti come Quelle di un cherubin;
Si sarebbe detto che uno spirito maligno, il demone di quel luogo maledetto, avesse destato in me tante dolorose memorie e avesse voluto darmi un'idea precisa di quanto ivi soffrì il povero Corradino. Gli animali selvaggi furono però più compassionevoli verso di noi che non gli uomini per Corradino.
A chi lo dici! Ero ben cattiva; rispose ella, reclinando la bionda testa sul petto del compagno. Ma voglio che tu mi perdoni; voglio che tu viva, che non ti ammali più, mio povero Rizio. Che viso hai tu, quando soffri! e come mi levi allora il coraggio! Ho combattuto, ho resistito a lungo; ma sono stata vinta, vinta, per non ripigliarmi mai più. L'ho detto ieri, l'ho giurato a me stessa: non sar
Il ferito si lasciò sfuggire suo malgrado un gemito soffocato. Soffri molto? gli chiese l'almea. Un po' lo confesso, rispose titubando lo scièk. Il moto del cavallo mi fa orribilmente male. Appoggiati bene sul mio petto. Ah! esclamò il ferito. Quanto sei buona Fathma eppure sono un ribelle. Questo ribelle un tempo fu mio suddito, disse con voce commossa l'almea.
«Tolleri l'onta del soldato austriaco che ti rapisce ogni anno 16 mila de' tuoi figliuoli più eletti, divine speranze del tuo avvenire, che ha bastonate a Venezia e a Milano pubblicamente le tue donne quasi ignude e che ti degrada al cospetto del mondo incivilito. Su via, rispondi. Ma che puoi rispondere? O levati di dosso l'ignominia della schiavitù, ovvero soffri e taci.»
Alle prime fucilate della sinistra nemica contro l'assalente, seconda centuria, Nullo ordinò la carica, ed i suoi prodi, assuefatti ad assalire a ferro freddo, furono in un momento sotto le barricate nemiche, e poco soffrirono dalla grandine di palle che partivano da quelle. Soffrì di più la terza centuria che, caricando in coda, riceveva le cariche sfioranti le teste di coloro che precedevano.
LAMPRIDIO. O cielo, come consenti che gli occhi, sole d'ogni tuo sole, or sparghino tante lacrime? o Amore, come tu soffri che si straccino quelle trecce dorate con che tu suoli legare ogni persona? o cuor mio, anzi non cuore ma pietra, come non scoppi di doglia in sentir questo? MASTICA. Tu piangi? e che faresti vedendo rotta una pignatta in mezzo il foco vicino l'ora di mangiare?
Egli ti assorbe, egli ti ha tutta per lui, e certo nessuno più di me ammira il tuo attaccamento materno; ma lo strano è che tu mi diventi livida, tu soffri se ti accorgi che da lui io mi lascio assorbire come te, e soffri e ti tormenti se ti accorgi che io mi piglio quella parte di gioie e di emozioni che mi spetta. Puoi negarmelo questo? Me lo puoi negare? Ecco, lo vedi: non me lo neghi....
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