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Aggiornato: 8 maggio 2025


Felici! felici! ruggì Francesco Cènci dando libero sfogo alla collera male repressa; e vengono a dirmelo proprio in faccia! Lo hanno fatto a posta per tormentarmi con la vista della loro contentezza! Questo giudico il più atroce insulto, che io mi abbia sofferto da un pezzo a questa parte! Marzio!

Quando fu nella sua camera, diè libero sfogo al proprio dolore: si ricordò che Valancourt, sempre più amabile per lei, era bandito dalla sua presenza, e forse per sempre. Essa impiegò nel pianto quel tempo che la zia consacrava ad abbigliarsi. Quando si rividero a tavola, i suoi occhi tradivano le lacrime, e ne fu duramente rimproverata.

La qual cosa significa, proseguì egli voltandosi ai profani, che non c'è sfogo d'aria e che il polmone non ha ricevuto la visita del ferro. E nemmeno è lesa l'arteria intercostale, come possono vedere dalla pochezza del sangue spicciato dalla ferita. Non è dunque altro che una ferita leggiera? chiese il Pietrasanta. Leggiera!

E Marco stendeva le braccia per aiutarla ad alzarsi. La biondina dopo quel primo sfogo del suo dolore era caduta in un morale assopimento; nulla aveva udito di ciò che Marco le disse; nell'inerzia dello spirito guardava senza vedere, ascoltava senza intendere, viveva senza sentire l'esistenza.

La nonna Maddalena e Maria rimasero sole in quella casa, che aveva tutto sacrificato pel paese, e il cómpito della povera vedova le era chiaramente definito: allevare Maria, conservare la modesta sostanza al figlio e ai due nipoti; e dato sfogo al dolore colle lagrime, dovette alfine rassegnarsi al destino, e si accinse con coraggio a fare il suo dovere.

E così dicendo se ne andava maneggiando il bastone come fosse una sciabola, usciva nel parco borbottando fra i denti le più tremende minaccie contro il governo, abbatteva furiosamente le capsule dei papaveri per dare uno sfogo a quella collera impotente, che avrebbe voluto tagliare in quel modo le teste dei nemici.

⁴⁰⁴ Iulian., 540, 16 sg. Vediamo quest’altro sfogo di entusiasmo, nel ricevere una lettera del filosofo «..... io sono con te anche se sei assente e ti veggo coll’anima come se tu fossi presente, e nulla può rendermi satollo di te. Tu non cessi dal beneficare i presenti, e, gli assenti, a cui scrivi, li rallegri e li salvi insieme. Infatti, quando testè mi si annunciò esser giunto un amico apportatore di tue lettere, io era, da tre giorni, malato di stomaco, e mi doleva tutto il corpo, così da non poter liberarmi della febbre. Ma, come dissi, appena mi si annunciò che, fuori della porta, v’era chi recava la tua lettera, balzando in piedi, come uno che non fosse più padrone di stesso, uscii prima che giungesse. E appena io ebbi nelle mani la lettera, lo giuro per gli dei e per quello stesso affetto che a te mi lega, sull’istante fuggirono tutti i miei dolori, e la febbre, quasi atterrita dall’invitta presenza del salvatore, tosto scomparve. Quando poi, aperta la lettera, la lessi, imagina lo stato dell’anima mia e la pienezza del mio piacere! Io ringraziava e baciava quel carissimo spirito, come tu lo chiami, quel veramente amorevole ministro delle tue virtù, pel cui mezzo io aveva ricevuto i tuoi scritti. Simile ad augello, spinto dal soffio di un venticello propizio, egli mi aveva portato una lettera, la quale non solo mi procurava il piacere di avere le tue notizie, ma anche mi sollevava dai miei mali. Potrei, forse, dire tutto ciò che io provai, leggendo quella lettera? Troverei parole sufficienti ad esprimere il mio amore? Quante volte dal mezzo ritornai al principio? Quante volte temetti di dimenticare ciò che vi aveva appreso? Quante volte, come nel giro di una strofa, io univa la conclusione al principio, ripetendo, come in un canto, alla fine del ritmo, la melodia del principio! Quante volte portava la lettera alle labbra, come una madre che bacia il figlio! Quante volte le fui sopra con la bocca, come se abbracciassi la più cara delle amanti! Quante volte, baciandola, ho parlato e guardato alla soprascritta che portava, come un profondo suggello, la traccia della tua mano, quasi per trovare nella forma delle lettere l’impronta delle dita della tua santa destra!... E, se mai Giove mi concedesse di ritornare al patrio suolo, e io potessi venire al tuo sacro focolare, tu non dovrai risparmiarmi, ma mi legherai, come un fuggitivo, ai tuoi banchi amati, trattandomi come un disertore delle Muse, e correggendomi coi castighi. Ed io non subirò di mala voglia la pena, ma con animo grato, come la correzione provvidenziale e salvatrice di un buon padre. Che se tu volessi affidarti al giudizio che io farei di me stesso, e mi concedessi di agire come voglio, o uomo insigne, sarebbe per me una grande dolcezza l’attaccarmi alla tua tunica, e così non ti lascerei mai, per nessuna ragione, ma sarei sempre con te e verrei teco dovunque, come quegli uomini doppi che sono descritti nelle favole. E le favole, probabilmente, in quei racconti, pare quasi che scherzino, ma, in realt

Si volse stupito, stette un tratto a considerarla, poi lasciando la Perseveranza abbandonata sul sedile, le si fece accosto e le disse: Come! Piange? Un'eroina? La Carmela stava in un momento d'eccitazione. Aveva bisogno di sfogo, ed in un impeto di sincerit

«Ebbene? Che guaio c'è? E dacchè quell'altra di C... si marita...: se il bene che Tecla gli vuole, servisse di sfogo a Giuliano.» A queste parole, la signora Maddalena sollevò la fronte sdegnosa; ma d'uno sdegno alto, generoso, che alla vecchia parve di non avere visto mai nulla di più potente, a farle chinare gli occhi mortificati.

Oh! quel no! fu come un tocco di bacchetta magica, che mutò il reverendo di punto in bianco. Si fece di mille colori.... avrebbe voluto volare, per saltar al collo di quel capo dei giurati che l'aveva pronunziato; avrebbe voluto urlare, per dare sfogo alla gioia feroce che gli si agitava nel petto.

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